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Energia, rinnovabili: passaggio in Asia | Tekneco

Tekneco #14 – World Energy Outlook

Energia, rinnovabili: passaggio in Asia

Il Rapporto 2013 della Iea conferma: il baricentro del fabbisogno mondiale di sta spostando verso l’Est. In netto aumento il peso delle rinnovabili

Scritto da il 28 febbraio 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Energia, rinnovabili: passaggio in Asia

Molti dei principali assunti storici del settore energetico sono destinati ad essere riscritti nei prossimi decenni: è questo il punto di partenza imprescindibile per comprendere il World energy Outlook 2013 recentemente rilasciato dalla Iea.

Paesi tradizionalmente importatori si apprestano a diventare esportatori (in primis gli Usa della rivoluzione dello shale gas), mentre nazioni sino a questo momento conosciute come esportatrici di energia stanno diventando i centri principali della crescita della domanda.

Senza contare che l’aumento del petrolio e del gas non convenzionale e delle rinnovabili sta trasformando il mix energetico globale così come l’abbiamo conosciuto sino ad oggi. Appare, infatti, incontrovertibile lo spostamento del centro di gravità della domanda di energia dai Paesi occidentali verso l’Asia. La Repubblica Popolare, in particolare, si appresta a diventare il più grande importatore di petrolio, mentre l’India acquisirà il record nell’import di carbone.

La rivoluzione delle fonti non convenzionali, invece, avvantaggerà non poco gli Stati Uniti, che riusciranno probabilmente a tagliare il traguardo della piena indipendenza energetica entro il 2035. La cattiva notizia è che i combustibili fossili continueranno a soddisfare una quota dominante della domanda energetica globale (anche se in sensibile declino per via dell’ascesa delle fonti pulite), con implicazioni importanti per l’ambiente e il cambiamento climatico, considerato che il settore è responsabile di circa due terzi delle emissioni mondiali di gas serra.

Nello scenario centrale, elaborato dalla Iea – che tiene in considerazione l’impatto delle misure già annunciate dai governi per migliorare l’efficienza energetica, il supporto alle fonti rinnovabili, la riduzione dei sussidi ai combustibili fossili e, in alcuni casi, l’introduzione di un prezzo del carbonio – le emissioni di CO2 legate all’energia dovrebbero salire ancora del 20% al 2035 rispetto a oggi, in un contesto che vedrà comunque la crescita del 66% del fabbisogno mondiale.

La colpa? Essenzialmente del carbone che, soprattutto nel prossimo decennio, rimarrà la scelta più economica rispetto al gas per la generazione di energia elettrica in molte regioni (in particolare India, Indonesia e Cina), mentre si assisterà a un decremento della domanda nei Paesi Ocse. Diverse, invece, le prospettive del gas, che nel breve periodo dovrebbe patire la concorrenza del carbone, mentre sul lungo termine dovrebbe conoscere un buon incremento.

La crescita più forte è attesa nei mercati emergenti, in particolare in Cina, dove l’uso del metano quadruplicherà entro il 2035, e nel Medio Oriente. In Europa, al contrario, l’utilizzo di questa fonte faticherà a tornare ai livelli record del 2010, mentre il Nord America continuerà a beneficiare di un’ampia produzione di gas non convenzionale, esportandone una quota significativa sotto forma di Gnl (gas naturale liquefatto). In questo scenario le rinnovabili sono destinate a contribuire per quasi la metà dell’aumento della produzione di energia globale per il 2035: all’interno del comparto, in particolare, eolico e solare, ossia le fonti intermittenti, garantiranno una percentuale significativa (45%).

Le fonti rinnovabili sono già oggi il settore della generazione di energia in più rapida crescita e costituiranno quasi un quarto del mix globale entro il 2018 (era il 20% nel 2011). In totale, raddoppierà la quota di consumo coperto dalle nuove energie (eolico, solare, bioenergia e geotermico), che raggiungerà l’8% nel 2018 (era al 4% nel 2011 e appena il 2% nel 2006). Ancora più ottimistiche sono le previsioni per il lungo termine: secondo le stime dell’Agenzia, le rinnovabili costituiranno il 30% dell’energia prodotta al mondo nel 2035, gareggiando con il carbone come prima fonte di energia primaria (e circa la metà dell’elettricità mondiale).

La Cina produrrà una quantità di energia da fonti pulite maggiore del totale di quella prodotta da Stati Uniti, Unione europea e Giappone. Oltre al gigante asiatico, anche il Brasile vedrà un aumento della generazione di energia verde, pari al doppio dei valori attuali, rimanendo così uno dei Paesi con il minore tasso di produzione di emissioni inquinanti, nonostante un aumento dell’80% del consumo energetico previsto per il prossimo ventennio.

In particolare, l’idroelettrico avrà ancora un ruolo dominante tra le fonti energetiche del Paese, mentre i carburanti prodotti dalla biomassa soddisferanno un terzo della domanda interna di carburanti per i trasporti su strada. Il ruolo delle rinnovabili è ancora più importante se si prendono in considerazione le prospettive della fonte energetica classica per eccellenza, ossia il petrolio: secondo la Iea, la domanda di greggio salirà fino al 2035 portandosi a 101 milioni di barili giornalieri, per un prezzo medio di circa 128 dollari al barile.

Entrambe le cifre sono state riviste al rialzo rispetto a quelle stimate nell’edizione 2012, che si fermavano a 99,7 milioni e 125 dollari. In poche parole, considerato che in questi anni il valore del barile si è aggirato intorno ai 110 dollari, scegliere questa risorsa sarà sempre più costoso, oltre che ecologicamente dannoso.

Infine, la Iea non sembra essere molto ottimista sulle possibilità concrete della tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 (Ccs), che pure potrebbe essere un modo per accelerare la diminuzione prevista delle emissioni del settore energetico. Una possibilità che già oggi è sbandierata da quasi tutte le compagnie energetiche per giustificare i nuovi o vecchi progetti con le energie tradizionali, ma secondo le proiezioni della Iea, solo circa l’1% di centrali elettriche alimentate a combustibili fossili a livello mondiale saranno dotate di sistemi Ccs entro il 2035.

La raccomandazione finale della Iea è chiara: gli Stati che saranno in grado di anticipare gli sviluppi energetici del futuro potranno trarne un vantaggio competitivo, mentre quelli che non riusciranno a farlo rischieranno di sbagliare investimenti e politiche pubbliche.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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