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Un pieno di pure alghe | Tekneco

Tekneco #14 – Biocarburanti

Un pieno di pure alghe

Il ruolo della ricerca e gli investimenti pubblici e privati rendono sempre più concreta e prossima la produzione su scala commerciale di carburanti green dalle alghe

Scritto da il 24 febbraio 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Un pieno di pure alghe

Sono in tanti a credere e a scommettere sulla produzione di biocarburanti dalle alghe. Secondo uno studio della società americana SBI intitolata “Algae Biofuels Technologies – Global Market and Product Trends 2010-2015”, il mercato globale delle tecnologie per la produzione di biocarburanti da alghe registrerà una crescita media annua prevista del 43,1%, che porterà il volume del mercato da 271 milioni di dollari nel 2010 a 1,6 miliardi di dollari nel 2015.

Parlare di alghe è generico in quanto esse si presentano in forme molto differenti. Quelle vocate alla produzione di biocarburanti sono le microalghe, microrganismi presenti in tutti gli ecosistemi della terra, in grado di adattarsi a diverse condizioni ambientali. Come spiega l’Agenzia nazionale Enea, esse sono «caratterizzate da un elevato contenuto lipidico, un’alta resa in olio e in biodiesel, un contenuto uso del suolo e potrebbero giocare un ruolo importante come materie prime».

Per ora le tecnologie sono sviluppate solo in impianti pilota (in vasche o fotobioreattori), con elevati costi di investimento. Tuttavia «si prevede che nel medio-lungo termine, con la produzione congiunta di altri co-prodotti (prodotti farmaceutici e nutraceutici, additivi per mangimi animali, bioplastiche, ecc.) e l’integrazione con altri processi (quali il recupero dei gas di scarico e il trattamento delle acque reflue), la produzione di biodiesel da microalghe, oltre che sostenibile, potrebbe diventare una soluzione economicamente percorribile».

Se per ora il limite è rappresentato dagli elevati costi di produzione, diverse analisi prevedono il loro abbattimento con il miglioramento tecnologico e il miglioramento della resa delle alghe. E qui entra in gioco l’ingegneria genetica che, sempre secondo l’Enea, «può contribuire alla riduzione dei costi attraverso l’incremento dell’efficienza fotosintetica e quindi del rendimento della biomassa, al miglioramento del tasso di crescita della stessa, all’aumento del contenuto in olio».

Il ruolo dell’Italia

Nel nostro Paese sono diversi i progetti di ricerca: per esempio, a livello di cooperazione internazionale, va citato il progetto Enpi Med Algae, coordinato dall’Agricultural Research Institute di Cipro in collaborazione con l’Agenzia Cipro energia. Il progetto prevede lo studio di tutte le fasi della produzione di biodiesel da microalghe, dal campionamento di acqua di mare o di acqua dolce alla selezione delle microalghe, passando anche per l’identificazione di specie, la coltivazione di microalghe, la raccolta e l’estrazione di biodiesel e di determinazione delle proprietà di biodiesel prodotte in conformità con lo standard EN14214.

Il progetto, partito nel 2012 e della durata di tre anni, è portato avanti da un consorzio composto da 12 realtà tra organizzazioni di ricerca, istituzioni accademiche, agenzie energetiche, organizzazioni private provenienti dall’Italia e da Cipro, Malta, Libano, Egitto e Grecia. Il progetto prevede la realizzazione di cinque impianti pilota.

Altri progetti e impianti pilota si sono susseguiti negli ultimi anni, frutto della ricerca universitaria e oggetto della creazione di spin-off. Ma è bene evidenziare le realtà industriali nate o sviluppate per creare “benzina e diesel green” dalle alghe. Tra queste va citata l’Enalg, società creata dall’ex ministro dell’Ambiente Willer Bordon e da alcuni altri soci, che detiene l’esclusiva per l’Italia della produzione di biocombustibile da biomasse algali conferita dalla società spagnola BFS Biofuel System S.L. di cui è anche azionista.

Il sistema ideato dalla BFS prevede che le alghe vengono trasformate in biomassa dalle proprietà altamente energetiche. Il processo per creare “petrolio ecologico”, energia elettrica e integratori alimentari, quali acidi grassi Omega, è fatto in modo da prevedere la cattura e l’intero ciclo di riconversione della CO2 in energia, grazie ad un sistema produttivo a ciclo continuo, capace di andare avanti solo grazie ad un minimo apporto di acqua.

Proprio il presidente Bordon racconta che sull’azienda si è intavolata una concreta trattativa con realtà industriali che potrebbe portare grosse novità nell’anno appena cominciato: «Intanto a Carboneras, nella provincia di Almeria (Andalusia), è in via di costruzione un impianto su una superficie di 350 ettari, mentre ad Alicante c’è una demo plant già funzionante che produce biocarburante su scala industriale, anche se non ancora commerciale». In ogni caso, assicura, il 2014 sarà l’anno della svolta che porterà alla commercializzazione del prodotto.

In provincia di Ferrara (come abbiamo avuto modo di parlare sul sito web di Tekneco), a partire proprio da quest’anno, dovrebbe entrare in esercizio un impianto per la produzione di biogas a partire dalle alghe, grazie ai finanziamenti europei per il progetto Sear – Energie sostenibili nelle regioni adriatiche.

Partner dell’operazione il laboratorio di Analisi agroalimentare di Ferrara e l’Università di Parma, che hanno effettuato lo studio preliminare e messo a punto il procedimento che prevede la raccolta e lo stoccaggio delle alghe, una successiva fase di desabbiatura e desalatura e l’integrazione con altri scarti organici per abbassare il livello di zolfo presente nelle piante.

La sostanza organica ottenuta passa nei digestori anaerobici dove avviene l’idrolisi e la digestione, utilizzando la tecnologia della degradazione microbiologica che permette di utilizzare tali materie prime al fine di produrre biogas in una centrale di cogenerazione, da cui si ottiene energia elettrica e calore. Il progetto, promosso dal gruppo Cclg di Forlì, è interessante anche alla luce del fatto che permetterebbe di liberare la Sacca di Goro da quella che è un’autentica invasione di alghe, la cui produzione ormai supera le 60 tonnellate all’anno.

La ricerca, gli Stati Uniti e l’Europa

Gli investitori in ricerca ci sono: il colosso petrolifero Exxon Mobil e la Synthetic Genomics di Craig Venter – uno dei pionieri nella ricerca genomica e l’inventore della prima cellula artificiale – hanno investito 600 milioni di dollari in ricerche mirate. Non sono da meno BP e anche personaggi illustri quale Bill Gates, che ha investito più di 100 milioni di dollari nella realizzazione di un impianto pilota della Sapphire Energy, una delle aziende più importanti del settore.

Gli Stati Uniti dimostrano di credere molto al potenziale delle alghe. L’Unione europea, da parte sua, ha posto l’accento, tramite il Parlamento europeo, verso la transizione a combustibili sempre più green: ha disposto che entro il 2020 il settore dei trasporti dovrà utilizzare energia derivante per il 10% da fonti rinnovabili e che i biocarburanti avanzati, provenienti da alghe o da alcuni tipi di rifiuti, debbano rappresentare almeno il 2,5% del consumo di energia nel settore dei trasporti entro il 2020.

L’Ue, tra l’altro, da anni sponsorizza varie ricerche specifiche, tra le quali ne vanno segnalate almeno due: il progetto Dema e il progetto Algadisk.

Dema (acronimo di “Direct ethanol from microalgae“) è teso a dimostrare l’uso delle microalghe per la produzione di bioetanolo da usare come biocarburante per meno di 0,40 euro al litro. Il progetto, finanziato con circa 5 milioni di euro, è partito nel 2012 e si concluderà nel 2017.

Algadisk ha come obiettivo lo sviluppo di bioreattori per la produzione di biomassa algale, con bassi costi di esercizio e di installazione.

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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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