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Rinnovabili: integrazione e internazionalizzazione | Tekneco

Tekneco #10 – Fonti pulite

Rinnovabili: integrazione e internazionalizzazione

L’Irex International Report ha rilevato le difficoltà delle top 50 dell’energia verde nel 2011, ma anche le nuove strategie organizzative e anticrisi

Scritto da il 11 marzo 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Rinnovabili: integrazione e internazionalizzazione

I Paesi emergenti stanno assumendo un ruolo crescente negli investimenti globali in energie rinnovabili, ma l’Europa, al momento, resta l’indiscussa protagonista della rivoluzione energetica anche da un punto di vista finanziario.

È questa la principale considerazione che emerge dall’Irex International report realizzato dalla società di analisi Althesys: lo studio, in particolare, ha analizzato le performance nel 2011 dei 50 maggiori player internazionali per comprendere l’evoluzione del settore delle fonti pulite nel suo complesso. Le Top 50 sono state selezionate considerando la dimensione delle loro attività nelle rinnovabili e la quota di fatturato al di fuori del mercato domestico, data la crescente internazionalizzazione del comparto.

I numeri di queste big globali delle rinnovabili sono impressionanti, soprattutto in considerazione della relativa giovinezza del comparto: le società analizzate dall’Irex report impiegano più di 350.000 persone, circa il 15,4% del totale occupato nel settore. L’unica azienda italiana che è riuscita a entrare in questo selezionato elenco è stata Enel Green Power, la controllata dell’ex monopolista dedicata all’energia verde.

Tra le 50 imprese analizzate, 33 sono società fornitrici di tecnologie e componentistica (di cui 20 attive nel fotovoltaico, 8 nell’eolico e 5 in entrambi), mentre le altre 17 sono attive nella generazione elettrica (12 utility e 5 specializzate nelle fonti pulite). L’anno preso in esame dal report, il 2011, non è stato certo semplice per le rinnovabili: la più generale crisi finanziaria, il rapido calo dei prezzi della tecnologia e la drastica riduzione degli incentivi in molti Paesi Europei, hanno senza dubbio inciso sullo sviluppo del settore. In particolare il mercato europeo ha rallentato, mentre i Paesi emergenti hanno iniziato a guadagnare terreno. Eppure gli investimenti mondiali nelle energie verdi sono ammontati a ben 257 miliardi di dollari a livello globale, di cui 147 miliardi nel fotovoltaico che, per il secondo anno consecutivo, ha superato l’eolico (84 miliardi).

INVESTIMENTI E M&A DELLE TOP 50

L’analisi sulle top 50 conferma queste tendenze: l’Irex report ha rilevato ben 572 operazioni condotte da queste imprese a livello globale nel 2011, per un totale di 69,3 miliardi di dollari investiti e ben 63.171 MW installati. A dominare la scena sono state le due fonti rinnovabili più conosciute, ossia il fotovoltaico e l’eolico che, grazie alla loro natura globale, hanno assorbito circa l’86,5% delle operazioni censite nel 2011. Al contrario, gli investimenti nelle biomasse, nei rifiuti e nel geotermico sono stati molto inferiori poiché sviluppati prevalentemente su scala locale.

Le tecnologie per l’energia marina si sono dimostrate ancora immature, mentre il Csp e l’eolico off shore si stanno rivelando più promettenti, arrivando a catturare, rispettivamente il 4,6% e il 6,7% delle operazioni censite. Da un punto di vista geografi co l’Europa rappresenta ancora il mercato principale, con il 45,1% degli investimenti del 2011, anche se i tagli e le incertezze nelle politiche di supporto alle rinnovabili – che hanno interessato in misura consistente anche l’Italia – hanno costituito un elemento di forte freno.

I Paesi emergenti stanno invece acquisendo un ruolo sempre più importante. Cina, India, Sud America, Medio Oriente e Nord Africa sono riusciti ad attrarre nel 2011 il 19,4% delle operazioni, e tale valore è destinato ad aumentare. In particolare la Cina, ormai il primo mercato eolico mondiale, ha iniziato a investire anche in impianti fotovoltaici, cercando di sviluppare il fabbisogno interno.

Ma a che tipo di iniziative si sono dedicate le top 50 dell’energia pulita? Le operazioni prevalenti sono state la costruzione di nuovi impianti (37,9%), seguite da azioni di corporate finance (merger & acquisition, joint venture e partnership), che hanno pesato per il 16,9%. Le difficoltà finanziarie di molte società del fotovoltaico sono state opportunità, per quelle più forti, di acquisire quote di mercato con esborsi contenuti e sopravvivere alla concentrazione del settore. La strategia più diffusa è stata quella di “Business development”, che ha pesato per il 55,2% sul totale, ma la diversificazione, sia geografi – ca che di mercato, sta acquisendo un peso significativo, contando nel complesso per l’11,8% del totale.

LE PERFORMANCE FINANZIARIE DELL’INDUSTRIA DELLE RINNOVABILI

L’analisi delle performance finanziarie e borsistiche dell’Irex report è, invece, decisamente più allarmante, tanto che non pochi analisti e commentatori si sono affrettati a parlare di “bolla speculativa” per il settore delle rinnovabili. Nel complesso, il settore ha conseguito risultati finanziari negativi nel 2011, a causa della crescita inferiore alle attese e per via della maggiore competizione.

L’anno è stato particolarmente critico per i player tecnologici, mentre le utility hanno registrato risultati complessivamente positivi, grazie al combinato disposto del crollo dei prezzi della tecnologia e della possibilità di beneficiare degli incentivi stanziati per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La crisi insomma, si è fatta particolarmente sentire soprattutto per i produttori industriali di tecnologie, come testimoniano i numerosi casi di fallimento che hanno poi coinvolto nel 2012 alcune industrie europee (Solon, Q-cells, ecc.).

Il comparto delle energie pulite che più ha patito questa situazione è stato, senza dubbio, il fotovoltaico, dove indicatori chiave come ebitda, ebit e net income hanno avuto un calo rispettivamente dell’89,2%, del 326,7% e del 518,8%. L’industria solare, infatti, è stata fortemente danneggiata dal crollo dei prezzi di vendita di celle e moduli, riconducibile alla sempre più feroce competizione scatenata dall’ingresso in massa sul mercato delle aziende cinesi, che ha acuito i già pesanti eff etti della crisi finanziaria e del taglio dei sussidi.

Sostanzialmente simili le ragioni dei problemi del settore eolico, dove la diminuzione di parametri quali ebit e net income ha raggiunto, rispettivamente, il 41,4% e l’83,2%. Le società industriali occidentali, inoltre, sono state danneggiate soprattutto dalle crescenti difficoltà a finanziare grandi progetti capital intensive, quali le centrali eoliche off shore. Al contrario, le utilities e le società specializzate in rinnovabili hanno avuto un andamento nel complesso positivo, grazie soprattutto alla redditività assicurata dagli incentivi.

 

LA REAZIONE DI FRONTE ALLA CRISI

Le società delle rinnovabili non sono però rimaste inerti di fronte alle difficoltà del 2011 ma, piuttosto, hanno sviluppato nuove strategie e modelli di business. In particolare, secondo quanto si può leggere nell’Irex report, ristrutturazioni e turnaround sono procedute speditamente anche nel 2012 con l’obiettivo di ridurre (o quantomeno gestire) la sovraccapacità produttiva e tentare di arginare gli effetti negativi della continua caduta dei prezzi.

Questo processo di consolidamento ha riguardato in primis il fotovoltaico. Infatti, per le sole 20 aziende analizzate di questo segmento, si stima una sovraccapacità produttiva di 6,2 GW, ed è presumibile che la situazione non migliorerà nell’immediato futuro. Il risultato sarà una sorta di selezione naturale: la frammentazione, tipica dei mercati giovani e in espansione, sarà superata e rimarrà sul campo soltanto un numero ristretto di grandi player globali, sia tra le utilities che tra i tecnologici. Questo spiega perché già nel 2011 le utilities e, soprattutto, le società specializzate in rinnovabili, abbiano avviato un processo di riorganizzazione, con un aumento delle operazioni di concentrazione, fusioni e acquisizioni. Questi movimenti continueranno anche nel futuro, toccando principalmente gli operatori più piccoli, ma anche i maggiori, soprattutto nel comparto della produzione di tecnologie e componenti.

Di pari passo con la concentrazione, avanzerà anche la globalizzazione. I maggiori gruppi già operano a livello internazionale, ma il peso dei mercati domestici sta diminuendo per tutti. In futuro anche i piccoli e medi operatori dovranno internazionalizzarsi rapidamente per evitare il rischio di soccombere. In questo contesto, i Paesi emergenti stanno acquisendo un peso crescente per controbilanciare il rallentamento dei mercati europei.

Con la caduta dei prezzi delle tecnologie, lo sviluppo delle Fer sta infatti divenendo particolarmente attraente in quei Paesi che, per caratteristiche geografiche e fabbisogno crescente di energia, non devono necessariamente far affidamento sugli incentivi. I top player stanno quindi puntando sull’espansione in Asia, Sud America e Sud Africa, anche con operazioni di vera e propria delocalizzazione produttiva.

Altra parola chiave per le big dell’energia verde è integrazione, sia in termini di posizionamento lungo la catena del valore che di fonti energetiche. Lo scopo è stabilizzare i ricavi e i risultati, presidiando più fasi della filiera e diversificando il rischio. In alcuni casi, l’integrazione della catena è a monte, come testimoniano i casi dei produttori di moduli e celle che acquisiscono anche la fabbricazione di lingotti e wafer di silicio. Più spesso è a valle, con i fornitori di tecnologie che diventano anche Epc, proprietari e gestori degli impianti, beneficiando così dei maggiori margini derivanti dalla produzione di energia.

È il caso, anche, di numerosi produttori di celle e moduli fotovoltaici cinesi, che si sono integrati a valle costruendo e gestendo impianti, sia nel mercato domestico che all’estero. Lo sviluppo di un portafoglio bilanciato di fonti permette, inoltre, di diversificare i rischi, sia tecnologici che regolatori, talvolta sfruttando competenze peculiari e/o costituendo un presidio di ricerca e sviluppo per il futuro.

INVESTIMENTI E INTERNAZIONALIZZAZIONE

In quest’ottica resta cruciale il ruolo dell’innovazione tecnologica, dove le imprese occidentali hanno speso quanto, se non di più, dei concorrenti cinesi (circa il 2% dei ricavi) anche nel difficile 2011, nonostante la difficile situazione economica globale. In particolare, le società tecnologiche europee hanno cercato di resistere alla concorrenza asiatica puntando sulla qualità e l’efficienza dei propri prodotti.

Nel settore eolico la grande opportunità di crescita proviene dall’offshore; qui si è concentrato nel 2011 il 33% del valore delle operazioni, realizzate o pianificate, delle Top 50. Tutti i principali operatori occidentali stanno già investendo in questo comparto, e ormai anche quelli cinesi vedono nel settore offshore europeo delle grandi opportunità di crescita. Maggiori investimenti sono inoltre destinati a integrare le fonti pulite nei sistemi elettrici, per mezzo di soluzioni storage e smart grid. Inoltre, sia i produttori di tecnologie che le utilities puntano a diversificare il proprio business sfruttando le sinergie esistenti con i mercati contigui, quali l’efficienza energetica.

Insomma, come ha riassunto Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e capo del team di ricerca, «Il settore delle rinnovabili, anche italiane, è sempre più internazionale, con alcuni top player che hanno fatto da apripista. Nel 2011 anche società di dimensioni più ridotte hanno realizzato una parte cospicua del proprio fatturato all’estero. Tra i molti trend della nostra analisi due emergono con forza: il settore continua a essere redditizio per le utilities, mentre i costruttori di tecnologia pagano la crisi e la guerra dei prezzi».

 

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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