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Le biomasse sono eco, ma solo se davvero si garantisce la filiera corta

Il settore ha ottime potenzialità di crescita, ma rispetta l'ambiente solo se riduce al minimo i trasporti

Scritto da il 14 giugno 2011 alle 8:47 | 0 commenti

Le biomasse sono eco, ma solo se davvero si garantisce la filiera corta

Photo: Nils Bremer


Oggi si fa un gran parlare di biomasse anche nel nostro Paese, certamente a seguito dello sviluppo che la valorizzazione di queste risorse ha avuto: i dati rilasciati recentemente da GSE mostrano come il parco impianti a biomasse in Italia sia aumentato in modo considerevole negli ultimi tre anni e come la produzione di biogas sia cresciuta con tasso di incremento pari al 17,7%. Ma c’è da dire che l’Italia valorizza ancora molto poco le risorse delle biomasse – nonostante l’elevato potenziale di cui dispone, nel nostro Paese le biomasse soddisfano attualmente solo il 2% degli usi energetici primari, contro una media europea che si attesta intorno al 10%. Parlare oggi di biomasse significa quindi cercare di dare un forte impulso a un settore che potrebbe rappresentare per la nostra economia un’importante ricchezza, non solo da un punto di vista energetico ma anche occupazionale, con la creazione di nuovi posti di lavoro e figure professionali.

Occhio all’impatto sul territorio

Nel vasto mondo delle biomasse, ritengo importante fare alcune distinzioni,  indispensabili per evidenziare correttamente e concretamente i benefici, economici e ambientali, che dalla valorizzazione di queste risorse può derivare. La nostra esperienza nel settore della salvaguardia dell’ambiente attraverso la produzione di energia verde, lunga più di trent’anni, ci ha portato a valorizzare le biomasse tenendo conto della reale sostenibilità dell’utilizzo di queste risorse. Come è noto, la vera energia di filiera, infatti, come le energie naturali (vento, sole, acqua, geotermia) sottrae 1 Kilowatt al fossile riducendo l’inquinamento atmosferico e terrestre. In più, però, permette di re-immettere in natura quello che fino a poco tempo fa era considerato uno scarto, due volte a vantaggio dell’ambiente stesso – una per l’apporto organico in qualità e quantità equilibrata, l’altra per togliere gli eccessi quantitativi degli spandimenti zootecnici fini a sé stessi.

Se per esempio pensiamo alle biomasse zootecniche, è grazie al coinvolgimento di tutti i soggetti interessati al processo (i produttori di unità foraggere e cereali, gli allevatori che necessitano di alimenti sani e di qualità per i loro capi e quelli che hanno la necessità di smaltire le deiezioni in eccesso, i produttori di mangimi che sono alla base per il benessere degli animali, gli agricoltori che necessitano di sostanza organica sicura e di qualità per i propri terreni e l’ottenimento di biomasse zootecniche di qualità, etc.) che è possibile realizzare una vera e propria energia verde di filiera attraverso gli scarti, non solamente valorizzando le risorse ma creando un circolo virtuoso, in grado di inserire le biomasse nei processi produttivi, impiegandole come combustibile per produrre energia elettrica, termica e agronomica, risanando al contempo l’ambiente.

Sviluppare la filiera corta

Ma non basta fermarsi qui. Credo infatti che sia fondamentale avviare una strategia di sviluppo per le biomasse di filiera corta, ovvero le biomasse che permettono di ottenere energia verde davvero “eco”, salvaguardando al contempo la specificità della realtà italiana. Solo infatti attraverso la vicinanza tra gli scarti e gli impianti che trasformano questi in energia, è possibile annullare l’impatto ambientale che il trasporto di questo materiale comporta. Sempre pensando alla situazione delle biomasse zootecniche – area in cui abbiamo sviluppato particolari competenze e specifiche tecnologie brevettate – la possibilità di creare impianti di produzione di energia verde sul territorio, vicini quindi agli allevatori che devono smaltire le deiezioni in eccesso, rappresenta un vantaggio in termini non solo economici e ambientali, ma anche per la salvaguardia della ricchezza produttiva italiana.

Nuova vita per gli scarti

Non è infatti vendendo impianti agli allevatori italiani che si genera un circolo virtuoso, ma raccogliendo i loro scarti (letami e liquami in eccesso) in impianti distribuiti capillarmente sul territorio italiano è possibile abilitare un’economia verde basata sulla cultura ambientale, valorizzando questi scarti potenzialmente inquinanti e dannosi se gestiti in modo non corretto. Partendo proprio dalla risoluzione dei problemi esistenti – in questo caso espresso dagli allevatori italiani che devono rispettare i dettami della nuova normativa nitrati e dalla prevenzione di danni ambientali irrecuperabili - ritengo che si possa agire nell’interesse del territorio italiano, salvaguardandone le peculiarità e valorizzandone i punti di forza, avviando un processo virtuoso, basato sulla collaborazione tra i vari mondi produttivi che compongono la filiera, a tutela dell’ambiente e della sicurezza alimentare. In tal modo, gli allevatori non saranno costretti a ridurre i loro capi di bestiame, che insieme alla loro specializzazione raggiunta e ai prodotti derivati sono il frutto di generazioni, di impegno e di ingegno, e non saranno però neppure costretti a investire e gestire, senza averne le capacità, impianti a biomasse. Potranno invece delegare questo compito agli specialisti del settore, che, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle normative vigenti, si prendono in carico lo smaltimento degli scarti e la produzione di energia verde.

La tracciabilità dei materiali

Inoltre, la possibilità di valorizzare le biomasse di filiera corta permette una maggiore tracciabilità dei materiali, a favore di un più stretto controllo di quanto viene realizzato nel ciclo di produzione di energia verde. Se infatti tutti gli attori coinvolti nella filiera sono inseriti in una realtà economica “ristretta”, il controllo sulla provenienza degli scarti e sulla sostenibilità dei materiali utilizzati è sicuramente maggiore, a vantaggio di tutta la filiera.

Attraverso l’energia verde di filiera corta è possibile salvaguardare il patrimonio ambientale italiano e sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili nel rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore. E’ fondamentale dare vita a politiche e interventi volti a valorizzare le risorse energetiche rinnovabili attraverso la trasformazione delle risorse scartate dalle attività umane, restituendo talvolta, come nel caso delle biomasse zootecniche, nuove risorse di qualità in grado di soddisfare le richieste di altri comparti produttivi. In questo modo si dà vita a filiere tracciate, in cui ogni soggetto interessato contribuisce a un approccio virtuoso verso l’ambiente e verso la produzione di prodotti sani e di qualità.


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L'autore

Antonio Bertolotto

Antonio Bertolotto è il fondatore di Marcopolo Engineering. Nella sua attività si dedica alla costruzione e gestione di impianti di valorizzazione dei rifiuti con produzione di energia e fertilizzanti, fino a inaugurare nel 2010 il primo impianto al mondo di valorizzazione delle biomasse zootecniche di filiera a ciclo chiuso a Vignolo (Cuneo).


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