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La fabbrica del caldo: tecniche, idee e usi | Tekneco

Tekneco #11 – Rinnovabili

La fabbrica del caldo: tecniche, idee e usi

Le tecnologie per il solare termico sono raggruppate in tre diverse tipologie. In futuro, un’importante evoluzione consentirà l’abbattimento dei costi

Scritto da il 05 giugno 2013 alle 8:30 | 0 commenti

La fabbrica del caldo: tecniche, idee e usi

Ogni anno il Sole irradia sulla Terra 19.000 miliardi di Tep (Tonnellate equivalenti di petrolio) mentre la domanda annua di energia è di circa 10 miliardi di Tep. Ovviamente non tutta questa enorme quantità di radiazione solare può essere convertita in energia utile per le attività umane, ma è chiaro che la rivoluzione energetica verde non può che passare per lo sfruttamento delle risorse assicurate dal nostro astro.

In questi ultimi anni, in effetti, di energia solare si è parlato molto, e soprattutto per quanto riguarda la tecnologia fotovoltaica, che assicura la conversione della radiazione solare in elettricità. Il boom del fotovoltaico nel nostro Paese, passato in pochi anni da quota zero a circa 17 GW di potenza, ha di fatto oscurato la tecnologia per l’utilizzo termico dell’energia solare, il cosiddetto solare termico, che pure poteva vantare storicamente una presenza più radicata. Ultimamente, con l’avvicinarsi della fine dei fondi del Conto energia e l’esaurirsi del boom per il fotovoltaico, è però aumentato l’interesse verso questa risorsa.

Le soluzioni tecnologiche in campo

Secondo un’analisi dell’Energy & strategy Group del Politecnico di Milano, le soluzioni tecnologiche attualmente disponibili per le applicazioni di solare termico nel mercato italiano possono essere distinte in tre categorie: collettori scoperti (o non vetrati), collettori piani vetrati e collettori sottovuoto. I collettori scoperti si basano su un principio di funzionamento molto semplice: l’acqua passa attraverso tubi generalmente di materiale plastico (polipropilene o caucciù sintetico), che sono esposti direttamente alla radiazione solare e che, attraverso il loro riscaldamento, consentono di innalzare la temperatura del liquido che scorre al loro interno. Questa soluzione è quella che presenta i costi più bassi ed è adatta all’impiego estivo, in quanto l’assenza di copertura vetrata comporta perdite troppo elevate per un uso con basse temperature esterne. L’acqua da riscaldare attraversa direttamente il pannello, evitando i costi e le complicazioni impiantistiche dello scambiatore. Si tratta, pertanto, della tipologia ideale per gli stabilimenti balneari, i campeggi, le piscine scoperte e le residenze di villeggiatura estiva.

Con lo stesso principio di funzionamento dei collettori scoperti, i collettori piani vetrati utilizzano tipicamente materiali a più alta conducibilità termica (come ad esempio il rame, l’acciaio inox e l’alluminio anodizzato), ma sono racchiusi in un involucro (o pannello) costituito da una piastra assorbente (o assorbitore) nella parte inferiore – con l’obiettivo di trattenere il calore e massimizzare l’efficacia dell’irraggiamento – e da una lastra di vetro (o di materiale plastico) nella parte superiore, per evitare l’effetto di dispersione del calore nell’ambiente circostante tramite convezione. Si tratta di una soluzione in grado di assicurare una resa buona tutto l’anno. Da un punto di vista costruttivo sono disponibili varie soluzioni, che si distinguono per la selettività della piastra assorbente, per i materiali impiegati e per l’idoneità all’uso in impianti a circolazione forzata o naturale (vedi paragrafo successivo).

Per quanto riguarda i collettori sottovuoto, il tubo all’interno del quale scorre il fluido da riscaldare (fluido termovettore) è racchiuso all’interno di un tubo di vetro di diametro maggiore che, nella parte inferiore, è ricoperto da materiale assorbitore (ossia l’equivalente della piastra nel collettore a piani vetrati) e nel quale viene creato il vuoto, così da ottenere un migliore isolamento termico. I collettori sottovuoto presentano il rendimento migliore in tutte le stagioni (circa un 15-20% di aumento di produzione energetica), grazie al sostanziale annullamento delle perdite per convezione. Il costo maggiore rispetto alla soluzione piana, comunque, ne consiglia l’adozione solo in casi particolari (temperature dell’acqua più elevate e/o clima rigido). Sono nella maggior parte dei casi di forma tubolare, permettendo l’inclinazione ottimale della piastra captante, anche se disposti secondo superfici orizzontali o verticali. Il mercato italiano, attualmente, è dominato dalla soluzione dei collettori a piani vetrati (91,5%), seguiti a grande distanza dai collettori sottovuoto (8%) e dai sistemi non vetrati.

La classificazione in base alla tecnologia

Un’ulteriore classificazione degli impianti che usano l’energia solare a fini termici viene fatta in base alla temperatura di esercizio del fluido termovettore. Si hanno così dei sistemi: sistemi a bassa temperatura, che funzionano cioè tra gli 0 e i 100 °C (corrispondenti a una temperatura del fluido termovettore fra 20 e 120 °C). Questi impianti comportano l’utilizzo dell’acqua calda a fini igienico-sanitari o per il riscaldamento degli edifici, siano essi di natura residenziale, commerciale o industriale.

I sistemi a media temperatura operano invece fra i 100 e 200 °C : in questo caso l’utilizzo è per la produzione di vapore e/o per impieghi di processo (processi di lavaggio e di sterilizzazione, cottura dei cibi, pastorizzazione del latte, fermentazione dell’alcool, pigmentazione e lavaggio dei vestiti, essicazione dei prodotti e trattamenti chimici). Un’ulteriore distinzione si può effettuare in base al tipo di moto del fluido: in questo caso si distingue tra sistemi a circolazione naturale e forzata.

Nei primi la circolazione dell’acqua avviene sfruttando le differenze di temperatura del circuito, ma questa caratteristica li rende adatti solo alla produzione di piccole quantità di acqua calda sanitaria; nel secondo caso la circolazione dell’acqua può avvenire per effetto dell’azione di una pompa, permettendo così sia la produzione di acqua calda, che il riscaldamento e raffrescamento degli ambienti.

In Italia nel corso del 2011 è aumentata notevolmente (di quasi il 10% rispetto al 2010) la percentuale di impianti solari termici a circolazione forzata (89% delle nuove installazioni nel 2011), rispetto a quelli a circolazione naturale (11% delle nuove installazioni). Si tratta di un cambiamento nelle dinamiche di mercato che va a premiare l’impiego di tecnologie più evolute, in grado di assicurare una maggiore integrabilità architettonica all’impianto solare termico.

Il corretto dimensionamento dell’impianto

Uno dei fattori da prendere in considerazione al momento dell’acquisto è ovviamente quello del prezzo: secondo le stime del Politecnico di Milano il costo di produzione del collettore, nel corso del 2011, è rimasto pressoché costante (con un valore medio nell’ordine di circa 300 euro per kWth). Il prezzo chiavi in mano dell’impianto si è attestato intorno ai 1.600-1700 euro per kWth durante il 2011, con il collettore vero e proprio che pesa per circa il 55% sul prezzo per l’utilizzatore finale. Questo significa che l’investimento nel solare termico ha un tempo di payback di circa 7-9 anni, con il ricorso al meccanismo di detrazione fiscale del 55% e il risparmio in bolletta per il mancato riscaldamento dell’acqua calda sanitaria.

Grazie all’utilizzo di un impianto da 3 kWth di potenza, che occupa circa 4 – 5 metri quadri, si riesce a coprire una quota pari a circa il 30 – 35 % del fabbisogno di energia termica di una famiglia media in un’abitazione tipo. Per impianti di dimensione medio-grande può essere interessante la possibilità di stipulare contratti a prestazioni garantite. Tipologie di questo tipo sono offerte usualmente da una Esco (Energy Saving Company) e prevedono il monitoraggio delle prestazioni energetiche del collettore, che vengono confrontate con la situazione preesistente, in modo che la Esco venga remunerata per l’installazione e gestione del sistema solo se la sua efficienza raggiunge una soglia minima prestabilita.

Importante è, dunque, avere certezza del rendimento energetico del collettore già prima della sua installazione, così da comprendere l’esatto payback time e valutare la fattibilità dell’investimento. In realtà la produzione termica utile annua di un impianto solare, caratterizzato da una determinata superficie captante, può essere stimata abbastanza accuratamente attraverso un calcolo che tiene conto di parametri quali: la radiazione solare annuale disponibile nel luogo d’installazione; un fattore di correzione calcolato sulla base dell’orientamento, dell’angolo d’inclinazione dei collettori solari ed eventuali ombre temporanee; le prestazioni tecniche dei pannelli solari, del serbatoio, degli altri componenti dell’impianto e dell’efficienza del sistema di distribuzione; del grado di contemporaneità tra produzione del calore e fabbisogno dello stesso da parte dell’utenza.

Le condizioni ottimali per l’Italia, in linea generale, sono: un’esposizione verso Sud (accettata anche Sud-Est, Sud-Ovest, con limitata perdita di produzione); in caso di fabbisogno costante di acqua calda durante l’anno, l’inclinazione consigliata è pari indicativamente alla latitudine del luogo (35°-45°); in caso di domanda di acqua calda prevalentemente durante l’estate, l’inclinazione consigliata è pari alla latitudine del luogo diminuita di 15° (20°-30°); in caso di fabbisogno di acqua calda prevalentemente invernale, tipicamente per sistemi solari per il riscaldamento degli ambienti, l’inclinazione consigliata è pari alla latitudine del luogo aumentata di 15° (50°-60°). Per quanto riguarda i tetti a falda, poiché le differenze di prestazioni alle diverse inclinazioni non sono particolarmente significative, il posizionamento dei collettori parallelamente alla falda è ritenuto, dagli operatori, sempre da preferire per una migliore resa estetica e la semplicità d’installazione.

L’evoluzione futura

La tecnologia del solare termico, come chiarisce il rapporto “Solar heating cooling Roadmap” della Iea è attesa a un’importante evoluzione nei prossimi anni, tanto che, con il giusto mix di ricerca e sviluppo, nel 2030 in molte latitudini potrebbe essere economicamente conveniente (senza incentivi di alcun tipo) soddisfare la domanda di calore di edifici a basso consumo energetico con questa fonte.

In un futuro non troppo remoto, così come accade oggi per il fotovoltaico con i sistemi Bipv, i collettori potrebbero essere direttamente integrati nei componenti edilizi, svolgendo dunque anche l’elemento di involucro dell’edificio. L’utilizzo di nuovi materiali plastici e polimerici, in grado di resistere meglio all’esposizione ai raggi ultravioletti, dovrebbe contribuire a ridurre il costo (cali previsti anche del 30% entro il 2020) e a migliorare l’economia complessiva degli impianti solari termici.

Ulteriori vantaggi potrebbero arrivare nella fase vera e propria dell’installazione, con un taglio di tempi e costi che sarà favorito in futuro da una maggiore standardizzazione e dalla diffusione di appositi kit per installatori. Miglioramenti di questo tipo potrebbero spalancare al solare termico le porte del settore industriale: il 30% della domanda di calore di processo nel settore dell’industria europea è costituito da una temperatura inferiore ai 100 gradi, che – come scritto in precedenza – già oggi possono essere raggiunti da alcune particolari tipologie di collettori. Spazio per un solare termico evoluto potrebbe esserci nei prossimi decenni anche per coprire processi produttivi tra i 100 e 250 gradi. Altra chiave per lo sviluppo del solare termico risiede nella realizzazione di sistemi di storage su larga scala, così da permettere il rilascio di calore per tutto l’anno.

 

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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