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Il Paese del Sole punta all’estero e sull’efficienza | Tekneco

Tekneco #15 - Imprese

Il Paese del Sole punta all’estero e sull’efficienza

L’amministratore delegato di TerniEnergia, Stefano Neri, evidenzia la nuova strategia del Gruppo, che punta soprattutto sui mercati esteri emergenti

Scritto da il 16 giugno 2014 alle 7:30 | 0 commenti

Il Paese del Sole punta all’estero e sull’efficienza

Finito il boom dei grandi impianti installati a terra, la grande maggioranza delle società che aveva fatto affari proprio nell’installazione di impianti è scomparsa rapidamente di scena. Poche sono rimaste in piedi: una di queste è sicuramente TerniEnergia che, però, aveva fiutato il vento in anticipo, puntando su mercati alternativi a quello italiano (ne è un esempio la quotazione alla Borsa di Londra) e anche su altre tecnologie della green economy. Tekneco ne ha parlato con l’amministratore delegato del Gruppo, Stefano Neri.

Siete stati per anni uno dei maggiori operatori attivi nel fotovoltaico nazionale. Ora la vostra attenzione è rivolta soprattutto ai mercati esteri e ad altre tecnologie. Potete riassumerci i perché di questa svolta?
Le continue modifiche al quadro normativo e l’instabilità del mercato interno hanno reso molto difficile operare e investire in Italia. Questo arretramento nazionale sul versante dello sviluppo della filiera delle rinnovabili e del cleantech fa da contraltare alla tendenza di rapida crescita all’estero, particolarmente in Paesi dove il settore sta acquisendo profili di rilevanza industriale. A fronte dei nuovi bisogni legati alla sostenibilità, che sono il nuovo driver di sviluppo del comparto mondiale, c’è spazio per nuovi soggetti industriali integrati operanti esclusivamente nel settore green. In particolare per quanto riguarda la produzione energetica pulita, il risparmio e l’efficienza energetica, il riciclo, il recupero di materia ed energia da risorse marginali. La scelta di forte internazionalizzazione dei business di TerniEnergia nasce da queste considerazioni e dalla necessità di costituire una piattaforma di aggregazione che rappresenti, al tempo stesso, un’opportunità per gli investitori istituzionali.

In Italia, invece, il mondo delle rinnovabili (fotovoltaico in particolare) langue. Gli incentivi sono finiti troppo presto?
Io non farei un discorso di incentivi, ma di strategia del Sistema Paese. Ci sono stati troppi cambi normativi concentrati in pochissimi anni, a causa di errori di programmazione e di gestione delle politiche di settore. Questo ha disorientato gli investitori, ha tolto credibilità al contesto nazionale e ha messo in crisi un settore industriale che stava nascendo e si stava consolidando. Un settore, vale la pena ricordarlo, che negli anni tra il 2008 e il 2013 ha creato posti di lavoro, reddito, ricchezza e valore in maniera anticiclica. I continui attacchi alle rinnovabili, spesso pretestuosi e di parte, hanno invece creato un clima di incertezza e di scarsa visibilità sulle prospettive del settore. Clima che ha finito col ridurre l’appeal anche di quei soggetti che hanno saputo reagire con dinamismo, efficienza e flessibilità alle mutazioni di contesto. Potrei ribaltare la domanda: l’Italia crede nella green economy come risorsa per lo sviluppo? C’è bisogno di green economy per far crescere il Paese?

Che opportunità vedete oggi per il mercato italiano del fotovoltaico?
Un nuovo mercato potrebbe aprirsi attraverso i “sistemi efficienti di utenza”, con impianti connessi all’unità di consumo e realizzati in aree del cliente. Si tratta di una opportunità in più per l’efficientamento energetico. Ma ancora non c’è piena visibilità normativa e, soprattutto, sarà necessario capire se nasceranno strumenti finanziari dedicati.

Quali sono i segmenti di mercato solare su cui potreste ancora puntare?
A livello globale, sicuramente quei segmenti che permettono di rispondere positivamente alle aspettative della comunità finanziaria, e in particolare dei grandi investitori istituzionali, di allocare una parte dei loro investimenti. Il nostro focus strategico è sulla realizzazione di impianti di dimensione industriale e sul consolidamento di partnership e sinergie con operatori industriali e finanziari caratterizzati da elevato merito creditizio. È il caso, ad esempio, degli interventi che abbiamo realizzato in Grecia, Romania e in Sudafrica, dove abbiamo conseguito contratti di Epc per complessivi 160 MW. Inoltre, abbiamo progettato con Prelios SGR e l’advisor Power Capital un Fondo immobiliare chiuso denominato RA (Renewable Assets), destinato a investire sulla nuova asset class costituita dagli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.

I grandi impianti sul territorio nazionale potrebbero rappresentare ancora un possibile investimento per voi?
Escludiamo al momento nuovi sviluppi in Italia. Per quanto riguarda, invece, il parco delle centrali di proprietà della società, abbiamo completato la ripartizione dei parchi fotovoltaici di taglia industriale sviluppati con Edf En Italia, nell’ambito di un processo di valorizzazione degli asset rappresentati dagli impianti destinati all’attività di power generation. TerniEnergia manterrà la proprietà (piena o in JV) della maggior parte degli asset, al fine di assicurare ricavi stabili e ricorrenti nel lungo periodo.

Tutti adesso parlano di piccoli impianti. Come mai per voi non rappresentano invece una possibilità di investimento?
Non è il nostro focus strategico, non lo è mai stato. Il nostro obiettivo è che TerniEnergia si affermi, dopo la leadership italiana, tra i maggiori player a livello internazionale nel settore di riferimento grazie al nuovo modello di business e all’integrazione della struttura finanziaria. Il nuovo piano industriale punta ad accelerare la strategia di focalizzazione internazionale, attraverso l’innovativo modello di accesso al capitale, il rafforzamento della produzione di cassa e la stabilità dei margini nel periodo di piano.

La geografia del fotovoltaico mondiale ormai è profondamente mutata rispetto a qualche anno fa. Che aspetti positivi vedete in questo cambiamento e quali, invece, sono quelli negativi?
Tra gli aspetti positivi c’è sicuramente quello dell’emersione di mercati impensabili fino a pochi anni fa. Si aprono finestre interessanti nei Paesi in via di sviluppo in vari continenti, consentendo agli operatori anche la diversificazione del rischio Paese. In particolare, vediamo opportunità nei Paesi emergenti caratterizzati da domanda di energia in forte crescita, in mercati caratterizzati da domanda di sostituzione delle fonti di approvvigionamento energetico e di efficienza dei sistemi elettrici e, infine, in aree geografiche prossime al raggiungimento della grid parity o, in alternativa, regioni nelle quali è possibile operare attraverso PPA (power purchase agreement).

Quanto è forte la concorrenza internazionale? Siete supportati adeguatamente a livello politico-economico-finanziario?
La concorrenza è molto attrezzata. Vi sono filiere consolidate di altri Paesi che possono contare su strumenti finanziari dedicati, attivi già da anni, che l’Italia sta cominciando a costruire in questa fase. Direi, però, che quando le industrie del nostro Paese si presentano in maniera coordinata, con una visione strategica condivisa e riescono a dispiegare pienamente il proprio bagaglio di competenze e fattori competitivi, possono giocarsi la partita alla pari con chiunque. Il terzo bid del governo sudafricano per la realizzazione di grandi centrali fotovoltaiche, dove la filiera nazionale ha registrato un risultato prestigiosissimo, ne è la riprova concreta.

Che futuro immaginate per il fotovoltaico da un punto di vista tecnologico?
Sulle opportunità di sinergia con l’efficientamento energetico cominciano a delinearsi modelli di business anche a livello internazionale. Altre opportunità nasceranno probabilmente dall’integrazione con le tecnologie digitali di gestione, monitoraggio e controllo della programmabilità della produzione energetica. Infine, i sistemi di accumulo o l’integrazione con altre tecnologie (ad esempio l’abbinamento del fotovoltaico con centrali cogenerative) possono rappresentare uno scenario di sviluppo nei prossimi anni. Finora vi sono state diverse barriere all’affermazione di standard vincenti: dall’incertezza normativa ai costi, passando per la gestione delle reti. A mio avviso, però, dal punto di vista industriale non si potrà prescindere dalla necessità di individuare dei modelli in grado di garantire ai grandi clienti dei ritorni visibili e certi degli investimenti e ridurre, contemporaneamente, i rischi per gli stessi investitori.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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