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Energia dal mare, un oceano di energia | Tekneco

Tekneco #10 – Fonti pulite

Energia dal mare, un oceano di energia

Studi e analisi prevedono un notevole potenziale dell’energia marina. Diversi paesi e grandi aziende stanno investendo somme importanti per il suo sviluppo

Scritto da il 13 marzo 2013 alle 8:30 | 7 Commenti

Energia dal mare, un oceano di energia

L’energia dal mare è la frontiera forse meno esplorata e dalle più grandi potenzialità. Oggi le tecnologie e i sistemi allo studio e parzialmente messi in atto a livello industriale sono svariati come significativo è l’impegno, in termini di stanziamenti, di diversi Paesi e aziende.

VANTAGGI E LIMITI

Innanzitutto quando parliamo di energia dal mare comprendiamo l’energia delle correnti, delle onde, delle maree, delle correnti di marea e del gradiente termico tra superficie e fondali. Oltre a presentare un’ampia gamma di risorse, l’energia marina è una fonte decisamente “pulita”. Quindi siamo di fronte all’energia rinnovabile del futuro? Il problema è capire quanto sia prossimo questo futuro: allo stato attuale, infatti, di impianti sviluppati a livello commerciale ce ne sono davvero pochissimi. Gli alti costi di ricerca e sviluppo e la mancanza di uno o più standard in grado di abbattere drasticamente gli altri costi, ossia quelli di produzione, sono fattori che hanno inciso finora sull’espansione del settore.

L’associazione europea di riferimento, la European Ocean Energy Association (EUOEA), ha evidenziato ciò che, almeno a livello comunitario, varrebbe la pena di perseguire per dare impulso al settore ossia: integrare le risorse e potenzialità oceaniche precedentemente mappate attraverso campagne coordinate fino allo sviluppo di strumenti di pianificazione territoriale; e aumentare il numero di impianti di prova off shore e onshore per la fase di test su componenti e dispositivi alla ricerca di metodologie atte a ridurre i costi di produzione, installazione e manutenzione.

A livello comunitario una risposta plausibile dell’Unione europea è quella concretizzata nel progetto Marinet, attraverso cui si vuole dare alle aziende selezionate la possibilità di testare gratuitamente i propri progetti in centri specializzati per l’energia marina rinnovabile. Sullo stato dell’arte del progetto e i suoi pregi vi rimandiamo all’articolo pubblicato sul sito web Tekneco “Energia marina, l’Ue si muove in rete con Marinet”.

TANTA ENERGIA, PARLANO I DATI

Partiamo però dai dati emersi solo negli ultimi anni e che indicano le potenzialità dell’energia dal mare. La prima, e forse più eclatante, è la stima fatta nel 2000 dal programma governativo inglese UK Marine Foresight Panel: «Se lo 0,1% dell’energia rinnovabile disponibile dagli oceani fosse convertita in elettricità si potrebbe soddisfare più di cinque volte il fabbisogno attuale di energia».

Questa stima è stata evidenziata nell’ultimo rapporto della EUOEA, nella sua roadmap per lo sviluppo di questa fonte energetica rinnovabile. Una marcia ambiziosa, ma non campata per aria: essa «fornisce una serie di passi che, una volta attuati, faciliterebbe lo sfruttamento dell’energia oceanica e consentirebbe la realizzazione di 3,6 GW di capacità installata entro il 2020, e di raggiungere 188 GW entro il 2050». La capacità erogabile tra circa 40 anni potrebbe soddisfare il 15% dei consumi energetici.

Non solo: grazie allo sviluppo del settore si genererebbe un volano economico e occupazionale considerevole. A livello di investimenti si prevedono, per raggiungere questo obiettivo, stanziamenti superiori a 450 miliardi di euro mentre a livello di risorse lavorative darebbe occupazione, in maniera diretta e indiretta, a più di 470mila persone. Anche a livello ambientale si avrebbero significativi benefici: grazie allo sviluppo di energie “pulite” dal mare si eviterebbe un quantitativo di emissioni di anidride carbonica in atmosfera di circa 136 milioni di tonnellate l’anno.

La stessa associazione segnala però che questi obiettivi sono possibili solo a patto di crederci, a livello governativo e imprenditoriale. Tuttavia diversi Paesi e aziende stanno dimostrando effettivamente di credere allo sviluppo dell’energia marina. Qualche esempio? Partendo a livello governativo, i sostenitori più decisi sono Gran Bretagna, Norvegia, Svezia, Danimarca, Spagna, Portogallo oltre ad Australia, Canada, Corea del Sud e Stati Uniti. A livello aziendale, colossi quali Alstom o Siemens puntano molto sul settore.

ITALIA, POTENZIALITÀ E PROGETTI CI SONO

L’Italia, con quasi ottomila chilometri di coste, potrebbe essere «uno dei paesi leader per la ricerca, lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecnologie marine» segnalava il Gse. E anche se il minor potenziale energetico del Mediterraneo, se confrontato ad esempio con l’oceano Atlantico, determina la necessità di ulteriori sforzi nella valutazione dettagliata del potenziale energetico e nella ricerca scientifica sui metodi più idonei di generazione elettrica nel mare Mediterraneo. Su questo fronte stanno lavorando da anni ENEA, CNR e altri enti e centri di ricerca. A livello di tecnologie per la conversione dell’energia marina in energia elettrica, anche in Italia le cose si stanno muovendo, come testimoniano i diversi progetti presenti un po’ in tutta la Penisola: tra questi vanno segnalati i casi di Energia dalle Onde, Rewec e Iswec.

ENERGIA DALLE ONDE

A Venezia si sta seriamente pensando a sfruttare il mare, in particolare il moto ondoso, per produrre energia elettrica, o idrogeno a basso costo, o acqua desalinizzata, senza produrre CO₂. Il Comune, tramite Agenzia veneziana per l’Energia (Agire), con la collaborazione di privati che detengono dei brevetti propri, sta supportando il progetto di sperimentazione che ha portato alla realizzazione di alcuni prototipi, da installare in mare aperto e in laguna. Quelli in mare aperto si chiamano Giant e Wem e la loro installazione prevede diversi passaggi tra cui arrivare a concretizzare proposte per l’utilizzo di impianti in grado di produrre e distribuire l’energia prodotta da tale sistema.

Per quanto riguarda i prototipi in laguna, spiega Agire in una nota, «Il progetto di implementazione si concentrerà, in modo particolare, sul modello Mini-Giant e sulle possibili applicazioni in ambito lagunare. A settembre è stato installato presso l’approdo ACTV di San Basilio nel Canale della Giudecca il secondo prototipo. Lo sviluppo del nuovo sistema è stato studiato sulla base dell’analisi e delle problematiche emerse dal primo modello e dai nuovi test di laboratorio effettuati. L’obiettivo è aumentarne l’affidabilità e la resa in funzione di una versione finale con industrializzazione ad hoc».

REWEC

A Civitavecchia è in corso di realizzazione il progetto dell’ampliamento strategico del nuovo porto, un megaprogetto da oltre 100 milioni di euro, in cui il sistema Rewec3 (acronimo di Resonant Wave Energy Converter) è parte integrante, con una potenza installata, potenziale, di circa 3 MW. Anche a Formia (Latina) sarà installato il sistema nella diga del nuovo porto turistico Marina di Cicerone.

Ma cos’è Rewec3? Si tratta, in sintesi, di un dispositivo che s’innesta in una diga foranea, a cassoni, che sfrutta l’energia ondosa. E che ha potenzialità davvero interessanti quanto a produzione di energia elettrica. A quanto stima Felice Arena, ordinario di Costruzioni marittime presso l’Universita Mediterranea di Reggio Calabria e cofondatore della spinoff Wavenergy.it, insieme all’inventore della specifica tecnologia, il collega Paolo Boccotti, «un chilometro di installazioni di questo tipo potrebbe produrre circa 8.000 MWh ogni anno. È un dato realistico, non ottimistico». Riguardo alle caratteristiche tecniche del progetto vi rimandiamo a quanto scritto nell’articolo “Un mare di energia anche per l’Italia”, pubblicato sul sito web di Tekneco.

Val la pena ribadire che la tecnologia Rewec3 (detta anche U-Owc, dove Owc sta per Oscillating water column, ottimizzata con un tubo a U addizionale per sfruttare l’effetto di risonanza che amplifica l’effetto e il miglioramento della produzione di energia elettrica) promette davvero bene: come spiega Arena, «a Formia si attende l’avvio dei lavori, prevedendo che alla fine del 2013 sia realizzato». Tuttavia, nel frattempo si stanno portando avanti altri importanti progetti: «a parte quello del porto turistico di Formia, nella diga di sopraflutto Marina di Cicerone, c’è quello nel porto Commerciale di Salerno, nel quale l’Autorità portuale deve avviare un prolungamento della diga esterna foranea lunga 200 metri in cui è previsto di inserire i cassoni col dispositivo Rewec3 all’interno per produrre energia».

ISWEC

Si chiama Iswec ed è l’acronimo di Inertial sea wave energy converter, un dispositivo appunto inerziale, galleggiante, che utilizza l’inclinazione del fianco dell’onda per produrre energia elettrica. Il progetto, avviato dal dipartimento di Meccanica del Politecnico di Torino, dal 2010 viene portato avanti da Wave For Energy – W4E, società italiana composta da uno staff formatosi all’interno dello stesso ateneo torinese. Il funzionamento di Iswec è basato su un gruppo giroscopico alloggiato all’interno di un galleggiante ormeggiato sul fondale marino, che si adatta alle diverse condizioni d’onda. In pratica, l’onda che lo investe induce un moto di beccheggio e in questo modo si crea un’oscillazione da cui un generatore elettrico “estrae” energia.

Fin dalle prime analisi di produttività condotte su un mini parco di 1 MW realizzata con il dispositivo potrebbe già fornire energia per soddisfare il bisogno di energia elettrica di oltre 650 famiglie, ovvero circa 2600 MWh/anno a Pantelleria, 3110 MWh/anno ad Alghero e 2080MWh/anno per La Spezia. La tecnologia ha registrato un’evoluzione davvero significativa e per il prossimo futuro sono attesi importanti sviluppi, specialmente riguardo ai suoi utilizzi: oltre ad essere uno dei sistemi più vicino allo sviluppo commerciale nel settore, presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente flessibile all’utilizzo sia su larga scala che su piccola scala. Quindi diviene sia una scelta ideale e all’inizio “su misura” di mari chiusi come il Mediterraneo sia un sistema utilizzabile anche in scenari internazionali.

Il contesto italiano però potrebbe giovarsi non poco di questa tecnologia. Come spiega Andrea Gulisano, business development officer della W4E: «Iswec può venire in aiuto di realtà energeticamente chiuse e limitate come possono essere piccole isole quali Pantelleria, dove stiamo lavorando su un impianto da 1 MW (formato da 16 dispositivi). Può in prospettiva andare a bilanciare la risorsa energetica attuale». L’obiettivo, in contesti tipici delle piccole isole, è quello di passare a un mix energetico decisamente più sostenibile. Oltre a questa opportunità, c’è anche la possibilità di collegarsi alla rete continentale, con impianti di più grandi dimensioni; «infi ne si può sfruttare la nostra tecnologia per alimentare sistemi off shore quali quelli di segnalazione, che necessitano di potenze variabili molto limitate, entro comunque pochi kW», aggiunge Gulisano.

Dicevamo dell’evoluzione: W4E punta alla realizzazione di macchine molto piccole per riuscire ad arrivare alla realizzazione in scala reale, a maggio 2013, e allo sviluppo commerciale – entro 3-5 anni – di sistemi di moto ondoso connessi alla rete continentale.

I presupposti, quindi, di un successo concreto a livello commerciale ci sono, sottolineati anche dai vantaggi presentati dalla tecnologia Iswec, come spiega il bdo della società: «Il primo vantaggio è che il sistema è completamente sigillato, protetto: ciò implica un impatto ambientale praticamente nullo e consente di mantenere le parti sensibili del sistema al riparo dall’azione corrosiva dell’acqua di mare, riducendo così drasticamente i costi per operazioni di gestione e manutenzione impianto. Il secondo vantaggio è che abbiamo un controllo dinamico attivo sul sistema: grazie ad algoritmi previsionali a lungo e breve termine rispetto alle onde in arrivo siamo in grado di variare la dinamica di funzionamento del giroscopio, regolando la sua rotazione, e del generatore facendo in modo che siano sempre estremamente sincronizzati sull’onda in arrivo e garantendo così livelli di efficienza molto elevati».

 

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Commenti

Ci sono 7 commenti.

  • Adalberto Nerbano
    scrive il 12 ottobre 2013 alle ore 19:01

    ENERGIA DALLE ONDE NUOVI CILINDRI ELETTROMAGNETICI GENERATORI DI ENERGIA ELETTRICA SENZA TURBINE Il moto ondoso è potenzialmente una delle più importanti fonti naturali per la generazione di energia elettrica pulita e rinnovabile, ma a tutt'oggi gli impianti che vanno per la maggiore non riescono ad abbatterne gli alti costi. Sono gli impianti off-shore che usano “colonne oscillanti” o cilindri meccanici per pressurizzare aria o altri fluidi per l'azionamento di costosi e di scarso rendimento gruppi turbina-alternatore (vedi come esempio gli impianti Pelamis e sponde costiere incernierate). Più precisamente la tecnologia più usata consiste nel far si che l’azione dell’onda apra e chiuda dei cilindri fluidodinamici comprimendo il fluido contenuto, trasferendolo tramite tubi in centrali dove gruppi turbina-alternatore generano energia elettrica in bassa tensione da trasformare in alta per immetterla in rete e finalmente con l’energia di un onda capace di affondare una nave, accendere una lampadina. Sono un ingegnere progettista ricercatore, in grado di proporre una soluzione che elimina da questa tipologia di impianti i gruppi turbina-alternatore, il fluido compresso, i tubi di trasferimento e la trasformazione bassa/alta tensione, riducendo il costo del kwh a meno della metà di quello del fotovoltaico. Sono stati eseguiti calcoli ed una valutazione complessiva in collaborazione con l’università e costruito un rudimentale prototipo con risultati sufficienti a tentare di proporlo a chi può investire per un impianto pilota. Tale soluzione rende possibile progettare una vasta gamma di impianti molto semplici e modulari cioè proporzionabili dimensionalmente e numericamente all'esigenza di potenze diverse, economici, con minima manutenzione, in futuro disponibili commercialmente. L'idea consiste in un cilindro elettromagnetico che azionato, cioè aperto e chiuso da forze esterne, genera direttamente energia elettrica. Per dimostrare quanto detto sarebbe sufficiente investire poche migliaia di Euro per progettare e costruire un cilindro elettromagnetico prototipo intercambiabile con uno meccanico già montato in uno dei suddetti impianti off-shore. Si potrebbero fare prova e dimostrazione in breve tempo se uno degli enti gestori lo consentisse su un impianto esistente. E’ comprensibile che chi è concentrato e convinto dalla soluzione tecnica per la quale ha già investito ingenti capitali, non sia facilmente disponibile ad esaminare le fantasie dell’ultimo e sconosciuto tecnico senza credenziali, ma per un argomento di tale importanza, ne varrebbe la pena. L’inventore non si è fermato alla suddetta tipologia di cilindri che sfruttano la massa e la velocità dell’onda, cioè adatti a zone in cui le onde sono consistenti, ma ne propone una seconda versione in grado di sfruttare i movimenti anche piccoli come quelli provocati dall'increspatura, anche leggera, della superficie marina. Si allarga così la gamma delle applicazioni possibili sia in mare che in terra; ad esempio sfruttando le onde d’aria provocate da veicoli in transito. Approssimativamente si valuta che: - il Kwh marino arrivi a costare la metà di quello solare - il Kwp possa avere costi dello stesso ordine di grandezza di un fotovoltaico di pari potenza. - gli impianti possano essere proporzionati alla richiesta di potenza soddisfacendo caratteristiche di standardizzazione e quindi di commerciabilità. ADNER

  • Adalberto Nerbano
    scrive il 24 ottobre 2013 alle ore 18:03

    mi chiedo come sia possibile spendere miliomi per impianti già sperimentati con scarsi risultati, vedi Inghilterra, Scozia, ecc...ed ora questa notizia di impianti simili della Techflue in collaborazione col Politecnico di Milano. Sono impianti della serie che impiega cilindri meccanici per pressurizzare un fluido, già in uso in Israele una decina di anni fa. La novità sarebbe nell'abbinamento del modello orizzontale con quello verticale per sfruttare meglio l'onda. Ma non capisco questo vantaggio quando c'è sovrabbondanza di onde, ne come fanno due strutture a rendimento scarso a custituirne una con rendimento maggiore. Riporto qui di seguito un articolo-commento di una decina di giorni fa ENERGIA DALLE ONDE NUOVI CILINDRI ELETTROMAGNETICI GENERATORI DI ENERGIA ELETTRICA SENZA TURBINE Il moto ondoso è potenzialmente una delle più importanti fonti naturali per la generazione di energia elettrica pulita e rinnovabile, ma a tutt'oggi gli impianti che vanno per la maggiore non riescono ad abbatterne gli alti costi. Sono gli impianti off-shore che usano “colonne oscillanti” o cilindri meccanici per pressurizzare aria o altri fluidi per l'azionamento di costosi e di scarso rendimento gruppi turbina-alternatore (vedi come esempio gli impianti Pelamis e sponde costiere incernierate). Più precisamente la tecnologia più usata consiste nel far si che l’azione dell’onda apra e chiuda dei cilindri fluidodinamici comprimendo il fluido contenuto, trasferendolo tramite tubi in centrali dove gruppi turbina-alternatore generano energia elettrica in bassa tensione da trasformare in alta per immetterla in rete e finalmente con l’energia di un onda capace di affondare una nave, accendere una lampadina. Sono un ingegnere progettista ricercatore, in grado di proporre una soluzione che elimina da questa tipologia di impianti i gruppi turbina-alternatore, il fluido compresso, i tubi di trasferimento e la trasformazione bassa/alta tensione, riducendo il costo del kwh a meno della metà di quello del fotovoltaico. Sono stati eseguiti calcoli ed una valutazione complessiva in collaborazione con l’università e costruito un rudimentale prototipo con risultati sufficienti a tentare di proporlo a chi può investire per un impianto pilota. Tale soluzione rende possibile progettare una vasta gamma di impianti molto semplici e modulari cioè proporzionabili dimensionalmente e numericamente all'esigenza di potenze diverse, economici, con minima manutenzione, in futuro disponibili commercialmente. L'idea consiste in un cilindro elettromagnetico che azionato, cioè aperto e chiuso da forze esterne, genera direttamente energia elettrica. Per dimostrare quanto detto sarebbe sufficiente investire poche migliaia di Euro per progettare e costruire un cilindro elettromagnetico prototipo intercambiabile con uno meccanico già montato in uno dei suddetti impianti off-shore. Si potrebbero fare prova e dimostrazione in breve tempo se uno degli enti gestori lo consentisse su un impianto esistente. E’ comprensibile che chi è concentrato e convinto dalla soluzione tecnica per la quale ha già investito ingenti capitali, non sia facilmente disponibile ad esaminare le fantasie dell’ultimo e sconosciuto tecnico senza credenziali, ma per un argomento di tale importanza, ne varrebbe la pena. L’inventore non si è fermato alla suddetta tipologia di cilindri che sfruttano la massa e la velocità dell’onda, cioè adatti a zone in cui le onde sono consistenti, ma ne propone una seconda versione in grado di sfruttare i movimenti anche piccoli come quelli provocati dall'increspatura, anche leggera, della superficie marina. Si allarga così la gamma delle applicazioni possibili sia in mare che in terra; ad esempio sfruttando le onde d’aria provocate da veicoli in transito. Approssimativamente si valuta che: - il Kwh marino arrivi a costare la metà di quello solare - il Kwp possa avere costi dello stesso ordine di grandezza di un fotovoltaico di pari potenza. - gli impianti possano essere proporzionati alla richiesta di potenza soddisfacendo caratteristiche di standardizzazione e quindi di commerciabilità. ADNER

  • Adalberto Nerbano
    scrive il 04 novembre 2013 alle ore 16:53

    gentile Andrea, evidentemente i miei articoli/commento sono scritti troppo male oppure ho scritto cose che non dovevo scrivere. La prego di fare una critica sincera. Non capisco perchè neanche uno dei numerosi enti ed imprese citate nei Suoi articoli, abbia voluto approfondire il fatto che esistono proposte migliorative degli impianti che stanno sperimentando. Cordiali saluti a. nerbano

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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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