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Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia | Tekneco

Tekneco #12 – Rinnovabili

Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia

Il Decreto rinnovabili ha profondamente cambiato il mercato per la produzione elettrica, ma nei prossimi anni i numeri del mercato saranno ridotti rispetto al recente passato

Scritto da il 09 agosto 2013 alle 8:30 | 7 Commenti

Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia

Lo sviluppo delle energie rinnovabili è strettamente influenzato dai sistemi di incentivazione e dalle normative vigenti. La riprova di questo teorema è offerta da quanto sta succedendo al comparto delle biomasse italiane (per quanto riguarda la produzione di energia elettrica), che è stato profondamente trasformato dal decreto sulle rinnovabili entrato in vigore il 1° gennaio 2013.

Le biomasse, come riconosciuto dalla normativa nazionale, sono “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, compresa la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde urbano, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

Per effetto del cambiamento dei regimi di sostegno, gli operatori e gli investitori di questo variegato settore stanno necessariamente cambiando strada: se negli anni scorsi era stato favorito soprattutto lo sviluppo di impianti di grandi dimensioni che basavano parte del loro approvvigionamento sull’import di biomassa, con l’attuale sistema incentivante, invece, si dovrà puntare su impianti piccoli e integrati in una filiera locale. Secondo quanto evidenzia il report sulle rinnovabili non fotovoltaiche dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, il decreto del 6 Luglio 2012 ha previsto un taglio degli incentivi che, sebbene differenziato per tipologia di biomassa, è andato a colpire in particolare le taglie più grandi e in generale il biogas, con una riduzione mediamente del 30%, solo in parte mitigata dalla presenza di “premi” e da un allungamento del periodo di incentivazione, da 15 a 20 anni.

Gli impianti di piccola taglia, però, godono complessivamente di tariffe più generose e facilitazioni di accesso agli incentivi, soprattutto se associati alla valorizzazione dei sottoprodotti e al riutilizzo degli scarti dei processi di produzione di energia. I bonus combinati permettono, in alcuni casi, di raggiungere livelli di incentivazione quasi prossimi a quelli della Tariffa Omnicomprensiva in vigore fino al dicembre 2012, sostengono le analisi dell’Energy & Strategy Group.

Il nuovo sistema d’incentivazione

Osservando più nel dettaglio le novità normative introdotte dal Decreto rinnovabili si può notare come una delle voci più importanti sia quella legata all’individuazione delle diverse tipologie di biomasse.

Il decreto ne distingue 4 tipi a seconda della loro provenienza: innanzitutto quelle di origine biologica, ossia i prodotti agricoli destinati o destinabili al consumo umano (finiti sotto accusa perché accusati di conseguenze negative sulla catena agroenergia, vedi articolo pagina…), ma anche i prodotti derivanti dalla gestione del bosco e della silvicoltura e non classificati come sottoprodotti. In questa tipologia rientrano perciò mais, triticale, barbabietole, segale, grano e colza, per i quali le tariffe risultano ridotte anche drasticamente. Il decreto riconosce poi i sottoprodotti di origine biologica (effluenti zootecnici, paglia, pula, fieni), i rifiuti per i quali è riconosciuta la frazione biodegradabile e i rifiuti non provenienti da raccolta differenziata.

In generale, sino ai 200 kW gli impianti possono godere dell’accesso diretto alla tariffa incentivante, dai 100/200 kW ai 5 MW devono passare per la complicata procedura del registro e sopra i 5 MW per l’ancora più ardua strada delle aste al ribasso. Discorso a parte per i bioliquidi, che possono accedere ai meccanismi di incentivazione solo se rispettano criteri di sostenibilità stabiliti a livello europeo (Direttiva 2009/28/CE e Direttiva 2009/30/CE, recepite in Italia, rispettivamente, con D.Lgs. 28/2011 e D.Lgs. 55/2011). I criteri di sostenibilità servono per distinguere quei bioliquidi di cui è possibile dimostrare un alto valore ambientale, poiché prodotti riducendo le emissioni complessive di anidride carbonica e rispettando i terreni, nonché limitando l’impatto sui prodotti agricoli destinati alla produzione alimentare.

La filiera corta aumenta d’importanza

Il combinato dei tagli e delle nuove procedure normative determinano un difficile raggiungimento della sostenibilità economica per alcuni tipi di installazioni. Il punto è che, a differenza delle rinnovabili intermittenti (eolico, fotovoltaico), gli impianti a biomassa funzionano potenzialmente per 24 ore al giorno ma la risorsa deve essere acquistata. I costi di approvvigionamento variano da 10 a 40 euro a tonnellata, ma più è grande l’impianto più – giocoforza – aumenta il ricorso alla materia prima acquistata esternamente, ossia non a chilometro zero.

Oltre all’aspetto ambientale su cui molto si dibatte (movimentare biomassa per centinaia se non migliaia di km ha un costo in termini di emissioni non certo trascurabile) tutto questo ha un impatto economico significativo: un impianto a biogas da 1 MW, la tipologia probabilmente di maggiore successo negli scorsi anni, necessita di 22.000 tonnellate annue di insilato di mais, che rappresentano così la parte preponderante (60%) dei costi operativi. Con gli incentivi ribassati (-50% per questa tipologia d’impianto) la vendita della sola energia elettrica non è più sufficiente a garantire un adeguato ritorno dall’investimento. Un discorso sostanzialmente simile interessa anche le biomasse agroforestali, mercato rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi tre anni (poco meno di 500 MW nel 2012).

In questo caso gli impianti di grande dimensione sono solitamente collocati dove è presente la biomassa, oppure nelle vicinanze di grandi centri logistici, come i porti, cosi da permettere l’afflusso della materia prima dall’estero. In Calabria, ad esempio, ci sono ben 4 centrali di grande taglia, di cui una da ben 46 MW. Questa tipologia, però, è ormai sostanzialmente matura e disinnescata dal decreto rinnovabili, mentre esistono ancora opportunità di sviluppo per quanto riguarda gli impianti di piccola taglia (inferiori al MW), spesso abbinati a sistemi di teleriscaldamento.

Il nuovo sistema di incentivi dovrebbe dunque favorire un radicale cambiamento della situazione a favore dei piccoli e delle filiere locali, riducendo l’import di biomassa dall’estero e, nel contempo, incoraggiando una gestione attiva dei boschi che permetterebbe di limitare i rischi idrogeologici.

Numeri ridotti rispetto al passato

Il fine dell’intera riforma governativa, come accaduto per il fotovoltaico e le altre rinnovabili, è stato, insomma, quello di favorire gli impianti di piccole dimensioni. Oltre all’accesso diretto – che evita l’incertezza dei meccanismi di aste e registri – e la tariffa incentivante più consistente, il Decreto prevede bonus (compresi tra 10 e 40 euro per MWh) per diverse tipologie e/o configurazioni di funzionamento sostenibile degli impianti: tra queste la filiera corta, la cogenerazione ad alto rendimento, l’abbattimento di emissioni nocive, il recupero dell’azoto. L’intento generale di queste misure è di favorire al massimo la valorizzazione dei sottoprodotti e il riutilizzo degli scarti di produzione, andando quindi a limitare ulteriormente la realizzazione di nuove coltivazioni ad hoc per gli usi energetici. Questi intenti condivisibili e positivi si scontrano però con un dato di fatto incontrovertibile: il comparto della biomassa nazionale sarà caratterizzato nel futuro da numeri molto più bassi rispetto a quelli attuali.

Nel 2012 il mercato delle biomasse era andato a diverse velocità: mentre biomasse agroforestali e inceneritori a Rsu avevano conosciuto uno sviluppo appena accennato, oli vegetali e biogas erano invece cresciuti con maggior decisione (+153 MW nel primo caso e +264 MW, in linea con quanto già successo nell’anno precedente, per il biogas).

Il volume d’affari della filiera del biogas è più che raddoppiato, passando dai 900 milioni di euro del 2010 ai 2 miliardi di euro di fine 2012, con una marginalità rimasta costante negli ultimi anni. Complessivamente, considerando anche gli impianti a biogas da discarica, nel 2012 la potenza totale installata ha superato 1 GW. Numeri, insomma, di tutto rispetto: per effetto dell’evoluzione che abbiamo raccontato sinora, nel 2013, considerando gli impianti che hanno avuto accesso agli incentivi e l’eventuale transitorio, entreranno in funzione circa 250 nuovi MW, ossia meno di quanto messo in funzione dal solo biogas nel 2012.

Negli anni successivi è prevedibile l’intero utilizzo del Registro ed eventualmente di qualche rifacimento di impianti già esistenti ma non si dovrebbero superare i 200 MW né nel 2014 né nel 2015. Un assaggio di questa tendenza si è potuto osservare dai risultati delle prime procedure d’iscrizione a Registri e Aste, pubblicati lo scorso 15 gennaio: mentre le aste, per le quali devono passare gli impianti sopra ai 5 MW, sono andate praticamente deserte (richieste in media per il 10% del contingente incentivabile), per il Registro, che tratta taglie di potenza inferiore, si sono avute richieste per una potenza del 30% superiore rispetto al contingente. Gli impianti accettati a Registro hanno avuto una potenza cumulata di 170 MW. Il perché della scelta di un mercato un po’ più piccolo e di taglia inferiore è spiegabile guardando alla situazione dell’Italia nelle rinnovabili elettriche nel suo complesso: il nostro Paese, secondo gli ultimi dati del Gse, ha praticamente centrato gli obiettivi europei per quanto riguarda la produzione elettrica, con una generazione complessiva delle bioenergie che nel 2012 è ammontata a 12.250 GWh, su circa 92.000 GWh prodotti dalle fonti pulite nel loro complesso.

Il vero target per il futuro, più che sulla parte elettrica (su cui si cercherà di avanzare, ma a costi più contenuti di quelli dell’ultimo quinquennio) è legato alla parte termica. Su questo fronte, come noto, le biomasse potrebbero dare un contributo decisivo: l’Italia si configura come un Paese dalla consistente superficie boschiva (il dato forestale complessivo è di oltre 10 milioni di Ha), a fronte, però, del primato mondiale dell’importazione di legna da ardere e del quarto posto per quanto riguarda il cippato e gli scarti di legno. Eppure sarebbe possibile, nell’ambito di una filiera sostenibile anche nelle modalità di trasformazione energetica, come nel caso delle centrali di teleriscaldamento alimentate con biomassa territoriale, raggiungere gli obiettivi addebitati alle biomasse (58% del target complessivo sul calore) dal Piano d’Azione Nazionale sulle rinnovabili.

Un passo in avanti è stato fatto con il cosiddetto Conto termico, che prevede incentivi dedicati alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore alimentati da biomassa. Nell’ottica della filiera corta, però, la mancata differenziazione degli incentivi rispetto alla diversa provenienza della biomassa impiegata rischia di continuare ad avvantaggiare l’impiego di materia prima importata.

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Commenti

Ci sono 7 commenti.

  • aureli alfonso
    scrive il 06 settembre 2013 alle ore 10:50

    Generatore di corrente che diventa perpetuo. “ proposta solo x le multinazionali ” Il generatore che sotto propongo “ funziona al 100% con costi zero di consumo d’energia elettrica e può durare oltre i 20/30 anni senza obbligo di manutenzione” . Si può realizzare un GENERATORE di CORRENTE da 6 Kw ed oltre, che fa risparmiare il 99,99 %, d’energia elettrica, lo 0.01% serve per l’avvio. “praticamente non consuma nulla”. Progetto del 1997. Mai brevettato per ovvie ragioni dal Signor Alfonso Aureli “. Lo stesso principio si può adattare alle autovetture elettriche, ottenendo + velocità e consumi illimitati a costo zero. Saluti Aureli. È una valida soluzione contro il nucleare; pannelli Solari,Voltaico e fusione fredda. PS: Se non ci riuscite anche Voi a realizzarlo dopo tutte le notizie che ho fornito, sono disposto a realizzarlo in tempi brevissimi, previo accordo di pagamento che verserete solo dopo che avrete constatato il funzionamento. Saluti Aureli

  • novali dorina
    scrive il 08 settembre 2013 alle ore 14:22

    grazie Gianluigi Torchiani "Il nuovo sistema di incentivi dovrebbe dunque favorire un radicale cambiamento della situazione a favore dei piccoli e delle filiere locali, riducendo l’import di biomassa dall’estero e, nel contempo, incoraggiando una gestione attiva dei boschi che permetterebbe di limitare i rischi idrogeologici."..... Molto interessante l'intero articolo mi permetterei di aggiungere solo una piccola considerazione. La filiera corta potrebbe favorire anche la creazione di nuovi posti di lavoro .. dorina novali

  • EVOLUTION SRL
    scrive il 28 agosto 2015 alle ore 18:23

    avrei intenzione di attivare un impianto a cippato o materie legnose in provincia di napoli o anche in provincia di avellino- è possibile essere contattato x incontro e preventivo impianto max 200? grazie.

  • Roberto
    scrive il 09 ottobre 2015 alle ore 17:40

    vorrei essere contattato dal sig. Aureli colomboroberto.59@gmail.com

  • Salvatore
    scrive il 25 ottobre 2015 alle ore 21:30

    Vorrei essere contattato dal Sig. Aureli salvatoremast@alice.it. grazie

  • Salvatore
    scrive il 25 ottobre 2015 alle ore 21:32

    La presente per chiedere si essere contattato dal Sig. Aureli salvatoremast@alice.it. grazie

  • Umberto Mollo
    scrive il 12 dicembre 2016 alle ore 01:49

    Salve dottore aureli può contattarmi sulla mia mail finanzasss@gmail.com

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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