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Nuovi impianti

Biogas: la sfida della “codigestione”

Un nuovo impianto negli States ricava energia da diversi tipi di scarti agricoli. E, grazie al processo di codigestione, la produttività aumenta

Scritto da il 21 maggio 2012 alle 8:28 | 0 commenti

Biogas: la sfida della “codigestione”

Dalla produzione casearia l’energia per mille case. Succede a Covington, dove di recente è stato inaugurato il più grande impianto di codigestione a biogas dello Stato di New York.

L’innovazione

L’impianto di Covington utilizza un motore a gas Jenbacher di GE per fornire 1,4 Mw di energia rinnovabile a circa mille abitazioni. Si tratta della prima centrale a biogas nello Stato di New York, in grado di trasformare in energia circa 425 tonnellate al giorno di rifiuti misti. Si reimpiegano in tal modo deiezioni animali, scarti delle tante aziende lattiero-casearie diffuse nella zona, nonché altri rifiuti misti. Secondo prime stime il progetto può consentire la riduzione di 8.500 tonnellate di Co2 immesse all’anno in atmosfera. Inoltre si prevede di produrre circa 17.500 metri cubi di materiale per lettiere per animali.

La tecnologia

Il sistema si fonda sul trattamento simultaneo per via anaerobica di due o più residui organici. La digestione anaerobica innesca una serie di reazioni biochimiche, in assenza di ossigeno e tramite l’opera di specifici batteri. In particolare la codigestione prevede la digestione contemporanea di liquami, colture energetiche o scarti organici di varia natura. Principale vantaggio nell’adozione di questa tecnologia è dato dall’aumento della produttività, in quanto è possibile sommare e riutilizzare sia reflui zootecnici che biomasse vegetali.

L’Enea – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente riferisce in un rapporto (Report RSE/2009/182) come «Nonostante l’applicazione di questo sistema sia agli albori, la letteratura riporta i vantaggi che talvolta esso offre: effetto di diluizione dei composti tossici; effetti sinergici sugli organismi; migliori rese per unità volumetrica di digestione; riduzione dei costi di investimento e di esercizio».

Ancora l’Enea conferma poi che «la codigestione di effluenti zootecnici con altri scarti organici al fine di aumentare la produzione di biogas è pratica standard in Europa ormai da diversi anni». Una scelta che consente di compensare le variazioni stagionali date dalla massa degli scarti e di mantenere il processo operativo in maniera costante.

Gli accorgimenti

«Naturalmente per ciascuna tipologia di biomassa esistono diverse tecnologie che ottimizzano la conversione energetica – chiarisce sempre l’Enea nella nota -. Non tutti gli scarti, una volta raccolti, dovranno convergere allo stesso impianto di trasformazione. Pur se potenzialmente sono sostanze digeribili, non è detto che la loro combinazione ottimizzi il processo».

Diversi sono i problemi che possono sorgere da un impiego maldestro dei materiali: sedimenti nel digestore e accumulo di inerti che porterebbero ad una compromissione dell’impianto, ma anche formazione di schiume e concentrazione eccessiva di gas tossici, quali l’ammoniaca.

Per questo gli esperti operano un distinguo tra sostanze facilmente degradabili mediante digestione anaerobica (percolati, acque reflue, fanghi, oli, grassi, siero) e altre, che necessitano di particolari pre‐trattamenti. Ad esempio gli scarti di macellazione o sostanze varie ad elevato tenore proteico hanno bisogno di essere diluiti con effluenti zootecnici liquidi, in quanto possono formare metabolici che vanno a compromettere il processo.


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L'autore

Giovanna Lodato

Web editor. Formazione umanistica alle spalle, ha collaborato con diverse testate on line. Ha scritto di cultura, arte, musica ma anche di cronaca e politica, fino ad approdare all'ambiente. Da quasi due anni ecologia nonché i temi legati alla green economy e all'edilizia verde la fanno da padrone nella sua produzione giornalistica.


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