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Pneumatici: una vita più verde a fine vita | Tekneco

Tekneco #11 – Impatto ambientale

Pneumatici: una vita più verde a fine vita

Ecopneus stima siano circa 380.000 le tonnellate di pneumatici fuori uso ogni anno, destinati ad essere riciclati per farne usi diversi

Scritto da il 20 giugno 2013 alle 8:30 | 2 Commenti

Pneumatici: una vita più verde a fine vita

Lo smaltimento in discarica degli pneumatici comporta un alto impatto ambientale, tant’è che dal 2003 l’Unione europea lo ha vietato per quelli interi e dal 2006 anche per quelli frantumati. In Italia il divieto è in vigore dal 2010.

Dunque, cosa farne?

La ricerca ha individuato diverse soluzioni possibili. A cominciare dalla ricostruzione: un sostanzioso make-up, e la gomma a fine vita torna ad essere efficiente e sicura per macinare di nuovo migliaia di chilometri, e con un bel risparmio che, per un mezzo pesante, può toccare i 1.700 euro l’anno: “Un’opportunità molto importante per le imprese italiane di autotrasporto che, nell’attuale difficile contesto economico, scontano costi notevolmente superiori a quelli di molti concorrenti ed in particolare di quelli dei paesi dell’est Europa – spiega Stefano Carloni, presidente dell’Associazione italiana ricostruttori pneumatici –. Oltre a costare meno, gli pneumatici ricostruiti assicurano gli stessi standard di sicurezza e di affidabilità di quelli nuovi di qualità”.

Lo pneumatico è costituito per circa il 70% dalla cosiddetta carcassa, la parte portante su cui viene applicato il battistrada che, sottoposto ad usura per l’attrito con la strada, risulta essere il componente maggiormente danneggiato; quindi, se la carcassa è in buone condizioni, il costo della ricostruzione del battistrada è sensibilmente inferiore alla produzione da zero di uno pneumatico nuovo. Pirelli ha messo a punto un sistema di ricostruzione (Novateck) che valorizza l’alta qualità della carcassa allungando la durata di uno pneumatico del 30%. Anche il costo ambientale è minore, grazie al risparmio rispettivamente del 20 e del 22% di materia prima ed energia richiesti dal processo.

Se lo pneumatico è troppo danneggiato per essere ricostruito scatta il piano B: il trattamento per farne una materia prima seconda, e poterlo impiegare come materiale per la costruzione di prodotti diversi. Li ritroviamo a casa, in ufficio, all’aperto: si va dalle penne, orologi da parete, lampade, alle panchine, fioriere, cestini per i rifiuti, dalle pavimentazioni sportive alle aree gioco per bambini, dalle basi antivibrazione per il trasporto su rotaia agli isolamenti per pareti. Capita anche che quella che una volta era la gomma di un’auto può vivere la sua seconda esistenza di nuovo sulle strade, ma questa volta sotto forma di cordolo spartitraffico, dissuasore di sosta, protezione per guardrail, asfalto.

A Viatec, la fiera biennale dedicata alla costruzione e alla manutenzione delle infrastrutture viarie, è stato presentato un tipo di asfalto che, grazie all’impiego del polverino ricavato dagli pneumatici fuori uso, è in grado di ridurre il rumore generato dai veicoli in transito fino a 5 decibel. “La fono-assorbenza non è che uno dei numerosi vantaggi che la pavimentazione in gomma comporta. Maggiore durabilità ed un favorevole rapporto costi/prestazioni rispetto ai bitumi tradizionali ne rappresentano due esempi concreti: l’utilizzo di gomma da Pfu permette infatti una più elevata resistenza sia agli agenti atmosferici che al deterioramento da usura, rendendo gli interventi manutentivi necessari meno frequenti e, di conseguenza, incidendo positivamente nel lungo periodo sui costi dell’intero ciclo vita del manto stradale”. A dichiararlo è Ecopneus, consorzio nato nel 2009 per gestire il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale degli Pneumatici fuori uso (Pfu) in Italia, fondato da Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, Marangoni, Michelin e Pirelli, cui si sono poi affiancate aziende di produzione e importazione fino a coprire oltre l’80% del mercato nazionale; in base all’art. 228 del Decreto legislativo 152/2006, infatti, i principali produttori e importatori di pneumatici operanti in Italia devono assicurare la corretta gestione dei Pfu con responsabilità proporzionale alle quote di mercato rappresentate.

Ogni anno nel nostro paese vengono venduti circa 30 milioni di pneumatici per autovettura, due milioni per autocarro, tre milioni per mezzi a due ruote e 200.000 per mezzi industriali ed agricoli. Ecopneus stima siano circa 380.000 le tonnellate di pneumatici che diventano fuori uso ogni anno; di queste, nel 2012 il consorzio ne ha raccolto e trattato 240.140 tonnellate, superando anche gli obiettivi di legge.

Oltre al recupero delle gomme che vengono di anno in anno gettate via, il consorzio porta avanti un’attività parallela di bonifica di “stock storici”, eufemismo che identifica quelle cataste di pneumatici abbandonati che giacciono da anni in macchie o terreni incolti, piazzali o capannoni dismessi e così via, piccole e grandi discariche illegali presenti in ogni angolo del nostro paese: nel 2012, in quattro operazioni di prelievo straordinario (a Ferrara, Oristano, Olbia e Buccino), sono state rimosse oltre 14.000 tonnellate di Pfu.

Il materiale ricavato dagli Pneumatici fuori uso viene anche utilizzato come combustibile, in particolare nei cementifici (cinque impianti attivi e oltre 60.000 tonnellate impiegate), ma anche in cartiere e centrali termoelettriche. È infatti molto apprezzato come sostitutivo dei combustibili solidi fossili per il favorevole rapporto potere calorifico-emissioni: la presenza negli pneumatici di gomma naturale e di fibre derivate da cellulosa (circa il 27% in peso del totale) permette di ridurre considerevolmente la quantità di CO2 fossile emessa dagli impianti di combustione; inoltre il basso contenuto di metalli pesanti e di zolfo ne riduce la presenza nelle emissioni in atmosfera, facilitandone quindi il trattamento e confermando, di fatto, il minore impatto ambientale dato dall’impiego dei Pfu. “I risultati ottenuti quest’anno dimostrano l’efficacia e l’efficienza del sistema – ha dichiarato Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus –.

L’obiettivo ora è di arrivare in tempi brevi a un recupero totale dei Pfu, contribuendo, al contempo, con attività di ricerca e di sperimentazione, a creare le condizioni idonee allo sviluppo in Italia di un moderno comparto industriale del riciclo di questi materiali. Crediamo fermamente che proprio l’utilizzo di materie prime seconde recuperate dal trattamento dei Pfu potrebbe essere il volano per lo sviluppo di un mercato “green” e la nascita di una reale società del riciclo in Italia”.

Ad oggi non tutti gli pneumatici “a fine carriera” vengono intercettati dai vari consorzi di recupero. Secondo le stime elaborate da Ecopneus, incrociando i dati dell’intero settore, ogni anno spariscono nel nulla – o si disperdono in canali poco chiari – fino a 100.000 tonnellate di Pfu, circa 1/4 degli pneumatici immessi in commercio nello stesso arco di tempo. Il dossier “Copertone selvaggio”, alla seconda edizione, pubblica i dati dell’inchiesta – condotta in collaborazione con Legambiente – sul fenomeno dello smaltimento abusivo.

Dal 2005 a oggi sono state individuate 1.335 discariche illegali, per un’estensione di circa sette milioni di metri quadrati: una superficie complessiva grande quanto 906 campi da calcio. Ma l’abbandono selvaggio delle carcasse di pneumatici non è l’unico sistema illegale con cui scompaiono i Pfu: “I traffici illeciti hanno riguardato ben 16 regioni italiane e hanno coinvolto, sia come porti di transito sia come meta finale di smaltimento, otto stati esteri: Cina, Hong Kong, Malaysia, Russia, India, Egitto, Nigeria e Senegal” denuncia il rapporto. Si tratta di un vero e proprio mercato nero dalle pesanti conseguenze ambientali ed economiche, stimate già nel primo dossier in oltre due miliardi di euro per il solo periodo 2005-settembre 2010, a danno delle finanze pubbliche e degli operatori privati in regola (vedi tabella dati 2011).

 

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Commenti

Ci sono 2 commenti.

  • Massimiliano
    scrive il 21 giugno 2013 alle ore 10:01

    Eliminare il fenomeno dello smaltimento abusivo degli pneumatici sarebbe veramente un successo.

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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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