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L’era della plastica

Dopo quella del bronzo e del ferro arriva l’era della plastica, uno studio documenta come i polimeri siano stati ritrovati nei reperti fossili.

Una recente ricerca ha scoperto che l'inquinamento da plastica è riscontrabile nei reperti fossili, con una contaminazione che aumenta in modo esponenziale dal 1945. Un fattore che potrebbe essere utilizzato per segnare l'inizio dell'Antropocene: l'epoca geologica in cui le attività umane sono arrivate a dominare, inquinare e modificare il pianeta.
“Dopo l'età del bronzo e del ferro, l'attuale periodo potrebbe diventare noto come l'età della plastica”, sostiene lo studio pubblicato su Scienze Advances dal titolo “Multidecadal increase in plastic particles in coastal ocean sediments”.
Il rapporto rappresenta una prima analisi dettagliata dell'aumento dell'inquinamento da plastica nei sedimenti, ed è partito analizzando quelli presenti al largo della costa della California, risalenti al 1834. Per la precisione i campioni sono stati prelevati dalla zona di Santa Barbara, nei pressi delle quattro milioni di persone che vivono a Los Angeles. Un bacino che si prestava bene all’analisi, dato che non subisce mutazioni a causa degli effetti generati dagli organismi viventi.
Secondo il team di ricerca, “la plastica ritrovata rispecchia esattamente l'aumento esponenziale della produzione di plastica negli ultimi 70 anni”.
"Il nostro rapporto con la plastica viene lasciato indietro negli archivi fossili", ha dichiarato Jennifer Brandon, dello Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California di San Diego, a capo dello studio, “un elemento dannoso per gli animali che vivono sul fondo dell'oceano: per barriere coralline, cozze, ostriche e tutto l’ecosistema marino”. "Impariamo tutti a scuola che esiste un'età della pietra, del bronzo e del ferro”, ha poi aggiunto Brandon, “sarà questa conosciuta come l'età della plastica?”
Inoltre, lo studio documenta come che dagli anni '40 la quantità di plastica microscopica nei sedimenti sia raddoppiata ogni 15 anni circa. Nel 2010, l'anno più recente analizzato, l'inquinamento aveva raggiunto quasi 40 particelle ogni 10 centimetro quadro di superficie del fondo oceanico.
Andando nello specifico, il team di ricercatori ha scoperto che due terzi delle particelle erano “fibre di plastica”, un quinto erano “frammenti di altra plastica” scomposti e un decimo erano “film di plastica”.

Anche se la ricerca non fornisce una quantità di dati necessari a certificare la grandezza del problema in modo accurato, è ormai noto che mangiare plastica minaccia le creature marine. Una danno che potrebbe ripercuotersi sugli esseri umani: ingeriamo almeno 50.000 particelle di microplastica all'anno attraverso cibo e acqua, e le microplastiche possono rilasciare sostanze tossiche e penetrare nei tessuti.
“Anche se il nucleo analizzato è stato prelevato nel 2010 non vi è motivo di pensare che l'aumento esponenziale dell'inquinamento da plastica si sia frenato da allora, dato che la produzione di plastica ha continuato ad aumentare. Spero che nonostante i suoi limiti, il nostro studio dimostri che questo è un problema molto serio e che va affrontato", ha infine dichiarato Brandon.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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