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Tekneco #12 – Biocarburanti

Fritto da corsa

Come recuperare gli oli da cucina usati per farne carburanti. Parlano Fabrizio Corcos e Stefano Albertini della DP Lubrificanti di Aprilia

Scritto da il 30 agosto 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Fritto da corsa

Articolo a firma di Veronica Caciagli

Come recuperare gli oli da cucina usati per farne carburanti. Parlano Fabrizio Corcos e Stefano Albertini della DP Lubrificanti di Aprilia

Come è nata la scelta di DP Lubrificanti di utilizzare rifiuti, ovvero gli oli fritti, per la produzione di biocarburante? Che tipo di materie prime e prodotti finali vengono trattati?
Abbiamo esaminato i mercati degli oli vegetali: abbiamo scartato, per principio, quelli destinati al consumo umano e ci siamo soffermati sugli oli di recupero. Lo sversamento degli oli provoca danni, noti a tutti, nei corsi d’acqua; perciò abbiamo iniziato il recupero di oli usati, in quantità che sono via via diventate più importanti nella nostra produzione.
Gli oli ex frittura da soli non sono sufficienti a garantire il pieno utilizzo dei nostri impianti di produzione biodiesel. Abbiamo preso in esame i sottoprodotti della raffinazione degli oli e costruito impianti particolari in grado di utilizzarli. Le materie prime sono quindi un mix di oli di frittura esausti recuperati, oleine vegetali, ovvero sottoprodotti della raffinazione degli oli) e grassi animali. I prodotti finiti sono il biodiesel e la glicerina per uso tecnico.

Come avviene il processo di trasformazione da oli fritti a biocarburante?
L’olio fritto viene trattato come un olio grezzo. Il processo prevede una prima fase di filtrazione grossolana per fermare il particolato solido che viene scaricato con gli oli. Avviene poi un lavaggio del prodotto con centrifugazione, in modo da eliminare tutte le impurità caratteristiche che lo accompagnano, come le sostanze solide sospese, i possibili colloidi e le sostanze idrosolubili.
Si passa, quindi, alla fase di rimozione dell’acidità libera presente nell’olio fritto attraverso una raffinazione fisica a mezzo del vapore in colonne operanti sotto vuoto spinto.
L’olio uscente da questa fase ha le caratteristiche per poter essere mandato al processo di transesterificazione, dove la glicerina, naturalmente legata ad un trigliceride, viene sostituita con metanolo per formare un metilestere, ovvero il biodiesel.
Dal biodiesel grezzo si separa la glicerina e viene recuperato il metanolo in eccesso usato per la reazione, il prodotto viene quindi lavato con acqua acidulata, centrifugato ed essiccato prima di essere distillato sotto vuoto in colonna per ottenere un prodotto di qualità superiore e rispondente in tutto alla specifica EN 14214 [è la norma che descrive i requisiti ed i metodi di prova del biodiesel da usare come combustibile puro o in miscela con il gasolio nei motori diesel, ndr].

Come viene verificata la sostenibilità del biocarburante?
Il nostro sistema di produzione è certificato secondo gli schemi volontari approvati dalla Commissione europea ISCC EU e 2BSvs. E’ inoltre conforme al Decreto 23 gennaio 2012 Sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi.

Come funziona attualmente il mercato, da dove vengono gli oli?
La raccolta dell’olio fritto avviene su tutto il territorio nazionale ed estero a mezzo di società dedicate e autorizzate per la raccolta, le quali conferiscono il prodotto liquido in autobotti alla DP. Il prezzo di mercato è molto variabile, in funzione del prezzo degli oli alimentari di partenza, della disponibilità del prodotto sul mercato, della stagionalità, della domanda di mercato stessa.
I nostri concorrenti utilizzano olio di colza comunitario, olio di soia dall’Argentina, dal Brasile, dagli Stati Uniti, olio di palma dall’Indonesia e dalla Malesia e anche olio di girasole, comunitario e non. La DP è l’unica azienda in Italia che produce solo biodiesel di seconda generazione utilizzando esclusivamente rifiuti, ovvero l’olio fritto, e sottoprodotti della raffinazione degli oli.

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