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Arte

I rifiuti diventano arte

Arte per comunicare l'inquinamento, ma anche le soluzioni possibili. Questo ragionamento è alla base di Plastic Food Project un'iniziativa sui rifiuti

Scritto da il 22 giugno 2015 alle 9:30 | 0 commenti

I rifiuti diventano arte

Che la riduzione dei rifiuti sia oggi una delle priorità da affrontare è fuori di dubbio. L’invasione degli imballaggi, la cultura dell’usa e getta e del monouso e i nuovi ritmi e stili di vita hanno portato a un aumento esponenziale dei rifiuti prodotti, con l’aggravante che a ciò si aggiungono i costi e le difficoltà per lo smaltimento e il, cosa non indifferente un sempre maggiore impoverimento delle risorse di base. L’unica risposta possibile è l’inversione di tendenza, ossia ridurre all’origine la quantità di materiale di scarto, acquistando in maniera intelligente e mettendo in pratica alcuni semplici, ma non scontati, comportamenti nella nostra vita quotidiana. A ciò ha pensato Pierluigi Monsignori, ideatore ormai cinque anni fa del progetto Plastic Food, un’iniziativa create per affrontare “di petto” il problema dei rifiuti. L’idea di base è stata sviluppata nel 2010, partendo da un’installazione di Land Art con l’utilizzo di materie plastiche che si è poi sviluppata come vero e proprio progetto di comunicazione sociale ed ambientale.

«Plastic Food Project intende divulgare un messaggio molto semplice, quello di ridurre la produzione dei rifiuti, comunicando in maniera diretta con le persone che si ritrovano i propri rifiuti nei luoghi che vivono quotidianamente. -afferma Pierluigi Monsignori, in arte Potsy – Questo modo diretto di comunicare permette di vedere le reazioni di coloro che vivono l’installazione e il “rifiuto verso il rifiuto. Le persone rimangono sconcertate nel ritrovarsi a contatto con ciò che fino al giorno prima era nella pattumiera e del quale si erano totalmente dimenticati. Plastic Food Project è una campagna di comunicazione per un mondo con meno rifiuti, con lo scopo di diffondere il messaggio in tutto il mondo, ha toccato Bruxelles, Londra, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e svariate città in Italia, e un’eco-pressa è esposta permanentemente al Museo di Arte Contemporanea di Bahia, in Brasile».

Pierluigi Monsignori, inoltre, è attivo con diverse iniziative nelle scuole come vero e proprio insegnante. La scuola di Bettona (PG), per esempio, sta partecipando al concorso di giornalismo “Cronisti in classe”, proprio con l’intervista fatta a Monsignori in occasione di una giornata di insegnamento, nella quale ai ragazzi della scuola media ha spiegato quanto sia importante il problema dei rifiuti e come ognuno di noi sia in grado nel suo piccolo di fare grandi cose, come per esempio preferendo l’acquisto di prodotti alla spina, bere acqua del rubinetto ove possibile, usare meno possibile l’automobile e acquistare prodotti con il minor packaging possibile che diventa un rifiuto dopo dieci minuti.

«Il progetto è modulabile in base alle persone che si vogliono raggiungere si passa dall’allestimento mostra con pannelli espositivi Italiano/Inglese all’installazione di 1-8 piccole presse da circa70 kga 1-10 eco-presse da circa500 kgl’una (come è avvenuto a Bruxelles) a mostre fotografiche, video, conferenze sull’ambiente e ogni forma di comunicazione in grado di veicolare il messaggio», ci dice Monsignori, parlando della comunicazione del’iniziativa che ne è alla base. E si tratta di un progetto che oltre all’aspetto comunicativo/artistico coinvolge nei fatti tutti gli attori della filiera dei rifiuti come progettisti di imballi e di processi distributivi, produttori, distributori, investitori, consumatori, consorzi, enti, associazioni, governi locali e nazionali.

«Ho scelto la plastica, e in particolare eco-presse di rifiuti plastici, perchè in termini di produzione e smaltimento rappresenta la maggiore fonte di inquinamento del nostro pianeta derivante dai nostri acquisti quotidiani. – conclude Monsignori – La maggior parte dei prodotti che consumiamo alimentano il “compra e getta”, tutto o quasi è contenuto in imballi plastici che noi paghiamo nell’immediato e in termini di smaltimento ma che in realtà non utilizziamo. Il packaging spesso è totalmente inutile, in quanto il suo fine ultimo è quello di rendere i prodotti “accattivanti” (specialmente nel  ramo alimentare), ma che in realtà sono privi di sostanza.  Incentivando l’acquisto e il consumo di prodotti sfusi e alla spina si potrebbe fare già molto in termini di non produzione dei rifiuti e di miglioramento della salute. Noi alla fine siamo ciò che consumiamo, plastic food vuole evidenziare che quello che mettiamo oggi nelle nostre tavole è il risultato di manipolazioni e uso indiscriminato di pesticidi e altre sostanze chimiche che rendono il cibo non è più naturale. Abbiamo  trasformato gli erbivori in carnivori, il cibo sulle nostre tavole, il plastic food ci trasforma in entità non più in armonia con la natura, questo è evidente con l’aumento dell’incidenza di malattie degenerative e tumori  correlati a quella che è la nostra alimentazione».

Ulteriori informazioni su www.plasticfood.it

Youtube www.youtube.com/user/potsys


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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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