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Certificazione: nuovo standard per il cotone bio | Tekneco

Global Organic Texile Standard

Certificazione: nuovo standard per il cotone bio

Sostenibilità ambientale nell’intero ciclo di vita, ma anche attenzione all’etica del lavoro: tanti i motivi per scegliere il cotone certificato

Scritto da il 17 marzo 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Certificazione: nuovo standard per il cotone bio

È entrata in vigore di recente la nuova versione del Global Organic Texile Standard (Gots), un marchio per la certificazione biologica dei tessuti, che ha introdotto regole più stringenti rispetto alle sue versioni precedenti.

Per ottenerlo, il tessuto deve essere stato prodotto nel rispetto di criteri che riguardano l’intera filiera a partire dalla semina fino al prodotto finito passando per la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, l’etichettatura ed il trasporto.

Ad esempio per il packaging è proibito l’uso di materiali tossici come il Pvc, nel processo produttivo sono vietati agenti chimici tossici come formaldeide e ftalati (per le scritte e le immagini stampate), mentre l’utilizzo di qualsiasi altro agente chimico è condizionato a precisi requisiti di biodegradabilità.

Inoltre un capo etichettato Gots deve anche obbedire a princìpi di sostenibilità sociale più severi: rispetto per i lavoratori in termini di norme di sicurezza e igieniche, di condizioni di lavoro, di libertà di contrattazione collettiva e divieto di sfruttamento del lavoro minorile.

Lo standard Gots, riconosciuto a livello internazionale, rientra fra i servizi proposti dall’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (Icea) ed ha due tipi di etichetta, in relazione alla percentuale di fibre biologiche certificate presenti: “Biologici” (non meno del 95%) e “Made with organic” o “fatti con x% di fibre biologiche” (almeno il 70%).

Perché scegliere un capo con certificazione bio? Il cotone è una delle fibre tessili naturali più usate al mondo eppure può contenere sostanze tossiche pericolose per l’uomo e l’ambiente e può essere lavorato con modalità non etiche. La maggior parte del cotone non bio proviene da sementi geneticamente modificate coltivate utilizzando pesticidi e fertilizzanti di sintesi. Durante la lavorazione, si utilizzano prodotti chimici tossici che in parte rimangono sul tessuto ed entrano in contatto con la pelle oppure vengono rilasciati nell’ambiente attraverso il lavaggio o a fine vita.

La crescente attenzione verso la certificazione del tessuto biologico è un segnale importante delle tendenze di mercato in atto ormai da diversi anni. I consumatori sono sempre più orientati verso prodotti che diano garanzie in termini di tutela della salute, di sostenibilità ambientale e di equità sociale. Questa massa sempre più numerosa di consumatori consapevoli sta influenzando le scelte delle grandi marche, pressate anche da campagne di informazione come quella avviata da Greenpeace sull’uso e la presenza di sostanze tossiche pericolose nei capi d’abbigliamento.


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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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